L’amor generoso, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VII
 
 ALVILDA, poi ASMONDO
 
 ALVILDA
635O se col piè potessi o se con gli occhi,
 come col cor ti seguo, anima mia,
 tal qui non resterei sola e dolente.
 ASMONDO
 Regina, impaziente
 ritorno a te. Come ti piacque il prence?
640Come il tratto gentil, l’aspetto, il brio?
 ALVILDA
 Piacer puote a chi ’l mira
 con lo sguardo di Asmondo e non col mio.
 ASMONDO
 Dunque?...
 ALVILDA
                        Più ingrato oggetto
 non vidi mai. Di grande
645non ha che il fasto. O quanto di esso, o quanto
 più amabile è Sivardo!
 ASMONDO
 Che sento!
 ALVILDA
                       In lui più splende
 la dignità di prence,
 la virtù di guerriero.
 ASMONDO
650Sivardo?
 ALVILDA
                    Quegli appunto
 ch’io già vidi in Norvegia. Egli ha più eccelsa
 l’idea, qual la persona; e a lui più bionda
 scende la ricca chioma e il collo inonda.
 ASMONDO
 Regina, o meco scherzi o sei delusa.
 ALVILDA
655Delusa son?
 ASMONDO
                         Quegli cui scende il crine
 con più ricco tesoro,
 che più eccelso ha l’aspetto,
 che vedesti in Norvegia...
 ALVILDA
 È Sivardo.
 ASMONDO
                       Egli è Aldano.
 ALVILDA
                                                   Il prence?
 ASMONDO
                                                                        Il Marte,
660l’amor del nostro regno, il saggio, il prode,
 che non mai l’altro uscì di Dania.
 ALVILDA
                                                              O frode!
 Dunque io sposa, io regina
 sarò favola e riso
 di questa reggia? A tanto giunge, a tanto
665lo sprezzo altrui, la sofferenza mia?
 ASMONDO
 Frena l’impeto. Ancora...
 ALVILDA
 Mio poter, sei schernito.
 Mia beltà, sei negletta.
 Di perdono e di pace
670non mi si parli più. Voglio vendetta.
 
    Armi voglio; non voglio più amori;
 fiamme e stragi respiro dal sen.
 
    Più non ardo che d’odio e di sdegno;
 e sol nascer dal pianto di un regno
675può a quest’alma la pace e il seren.