L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 SCENA III
 
 SIVARDO e li suddetti
 
 SIVARDO
 L’ira di Alvilda non ammette indugi.
 Tosto a lei vada il prence; o a noi le grida
920verran de’ moribondi
 e de l’arsa città l’alte faville.
 Con nuovo araldo ella il minaccia e ’l giura.
 FRILEVO
 E non ti muove ancor tanta sciagura?
 ALDANO
 Che? Manca a noi virtù e coraggio? Alvilda
925darà leggi a la Dania?
 A l’armi, o re. Sivardo, a l’armi. Io tutti
 precederò; vibrerò i colpi. A l’armi.
 FRILEVO
 Di un inutile ardir non lusingarti.
 Perduta è la città, sorpreso il porto,
930assediata la reggia.
 SIVARDO
                                      I Dani istessi
 fan ragione ad Alvilda.
 FRILEVO
 Deh, germano!
 SIVARDO
                               Deh, prence!
 Vinci il tuo amor.
 FRILEVO
                                   Vinci te stesso e regna.
 SIVARDO
 Pietà de’ nostri mali.
 FRILEVO
935Pietà de’ tuoi.
 SIVARDO
                             Gradisci
 un talamo reale.
 FRILEVO
 E un trono, a cui t’invita
 l’amor di una regina.
 ALDANO
                                         Amo Girita.
 FRILEVO
 E in te gli ultimi sforzi
940tenti Girita istessa. Addio, spietato.
 (S’ei fia sposo di Alvilda, io son beato).
 
    La man che t’alza al trono,
 crudel, non disprezzar.
 
    Sprezzato nel suo dono
945il ciel si può sdegnar. (Parte)
 
 SIVARDO
 
    L’amor ch’è tua grandezza
 noi lieti ancor farà.
 
    Sarà comun salvezza
 la tua felicità.