L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 SCENA VII
 
 ALVILDA, poi ASMONDO
 
 ALVILDA
 O se col piè potessi o se con gli occhi,
 come col cor ti sieguo, anima mia,
 tal qui non resterei sola e dolente.
 ASMONDO
 Regina, impaziente
640ritorno a te. Come ti piacque il prence?
 Come il tratto gentil, l’aspetto, il brio?
 ALVILDA
 Piacer puote a chi ’l mira
 con lo sguardo di Asmondo e non col mio.
 ASMONDO
 Dunque?...
 ALVILDA
                        Più ingrato oggetto
645non vidi mai. Di grande
 non ha che ’l fasto. O quanto d’esso, o quanto
 più amabile è Sivardo!
 ASMONDO
 Che sento?
 ALVILDA
                        In lui più splende
 la dignità di prence,
650la virtù di guerriero.
 ASMONDO
 Sivardo?
 ALVILDA
                    Quegli appunto
 ch’io già vidi in Norvegia. Egli ha più eccelsa
 l’idea, qual la persona; e a lui più bionda
 scende la ricca chioma e ’l collo inonda.
 ASMONDO
655Regina, o meco scherzi o se’ delusa.
 ALVILDA
 Delusa son?
 ASMONDO
                         Quegli cui scende il crine
 con più ricco tesoro,
 che più eccelso ha l’aspetto,
 che vedesti in Norvegia...
 ALVILDA
660È Sivardo.
 ASMONDO
                       Egli è Aldano.
 ALVILDA
                                                   Il prence?
 ASMONDO
                                                                        Il Marte,
 l’amor del nostro regno, il saggio, il prode,
 che non mai l’altro uscì di Dania.
 ALVILDA
                                                              O frode!
 Dunque io sposa, io regina
 sarò favola e riso
665di questa reggia? A tanto giugne, a tanto
 lo sprezzo altrui, la sofferenza mia?
 ASMONDO
 Frena l’impeto. Ancora...
 ALVILDA
 Mio poter, se’ schernito.
 Mia beltà, se’ negletta.
670Di perdono e di pace
 non mi si parli più. Voglio vendetta.
 
    Armi voglio; non voglio più amori;
 fiamme e stragi respiro dal sen.
 
    Più non ardo che d’odio e di sdegno;
675e sol nascer dal pianto d’un regno
 può a quest’alma la pace e ’l seren.