L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 SCENA VI
 
 ALVILDA, poi ALDANO
 
 ALVILDA
 Sdegno, grado, poter, che più si aspetta?
560Alvilda, a la vendetta.
 ALDANO
 Regina eccelsa...
 ALVILDA
                                 O tu... (Che miri, Alvilda?
 Il sembiante... Lo sguardo...
 È desso, è desso).
 ALDANO
                                   (Impallidisce e tace).
 ALVILDA
 (Fosse questi lo sposo e darei pace).
 ALDANO
565(Com’è turbata!)
 ALVILDA
                                  (E dove,
 ire mie, dove siete? Ah! Vi sovvenga
 la fede violata,
 la dignità negletta.
 Alvilda, a la vendetta).
570O tu, che nuncio vieni
 d’ingiusto re, ciò ch’io risolvo attendi.
 A lui ritorna e digli
 che in mio sposo detesto Aldano e lui,
 lui perché fu spergiuro e mi è nemico,
575l’altro perch’è superbo e non mi piace.
 (Fosse questi lo sposo e darei pace).
 ALDANO
 Ubbidirò.
 ALVILDA
                      Ferma. Non tutti espose
 l’alma i suoi sensi. Aggiugni
 che de la grave offesa
580memoria lagrimevole e funesta
 lascerò ne’ suoi regni. E quando estinto
 di mia man lui rimiri
 a fianco di colei per cui sprezzommi,
 sarò contenta e vendicata appieno.
 ALDANO
585Tanto esporrò ma....
 ALVILDA
                                       Vanne.
 (S’anche il sieguo a mirar, l’ira vien meno).
 ALDANO
 (Qual voleste, o mie brame,
 sortì l’inganno). (Esce della camera)
 ALVILDA
                                 Ei parte, Alvilda. E puoi
 tal lasciarlo partir? Rieda il messaggio...
590Vile che sei... Parta... No. Venga.
 ALDANO
                                                             E vengo (Aldano rientra)
 a l’onor de’ tuoi cenni.
 ALVILDA
 (Che gli dirò?)
 ALDANO
                              (Temo l’indugio).
 ALVILDA
                                                                E quale,
 qual discolpa poc’anzi
 volesti addur del tuo signore al fallo?
 ALDANO
595Serve né più riflette umil vassallo.
 ALVILDA
 Il mio sdegno irritato
 pur ti chiuse sul labbro i primi accenti.
 ALDANO
 Dir sol volea che del commesso errore,
 se un re può errar, solo n’è reo...
 ALVILDA
                                                             Chi?
 ALDANO
                                                                         Amore.
 ALVILDA
600Amor dunque... Ma siedi. (Siede)
 ALDANO
 Servo non dee...
 ALVILDA
                                Siediti, dissi.
 ALDANO
                                                           (O inciampi). (Siede)
 ALVILDA
 Amor dunque in chi regna
 colpa non è?
 ALDANO
                          Colpa è ma lieve.
 ALVILDA
                                                           E ’l grado?
 ALDANO
 Non lo rende men suddito agli affetti.
 ALVILDA
605E ’l poter?
 ALDANO
                      Da un bel volto
 non gli è scudo bastante.
 ALVILDA
 (Purtroppo il sai, cor di regina amante).
 E s’io, nata a l’impero,
 mi lasciassi allettar da vago oggetto
610nobil sì ma vassallo?
 ALDANO
 Amor vien da beltà, non da fortuna.
 ALVILDA
 Se vinto ogni riguardo
 gli dicessi così: «Caro Sivardo»?...
 ALDANO
 Regina...
 ALVILDA
                    Il nome fingo,
615come fingo l’ardore.
 (O bellezze!)
 ALDANO
                           (O dimore!)
 ALVILDA
 
    Dacché ti rimirai,
 idolo mio, ti amai
 e sospirai per te.
 
620   Regno felice in trono;
 ma più felice io sono
 te in adorar, mio nume,
 te in sospirar, mio re.
 
 ALDANO
 (Qual favellar?)
 ALVILDA
                                Rispondi.
625Che diresti? (O periglio!)
 ALDANO
 Dove finto è l’error, vano è ’l consiglio.
 ALVILDA
 Finto l’error? Sivardo... (Ah, dove, dove,
 labbro incauto, trascorri?) (Si leva)
 Vanne; già troppo dissi; e i detti miei,
630non intesi da te, son mio dolore,
 e intesi mio rossore.
 ALDANO
 
    Datti pace; se ti spiace,
 non intesi il tuo voler.
 
    A capir sol bene appresi,
635dacché servo, il mio dover.