Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 SCENA XIII
 
 LAODICEA e LEONATO
 
 LEONATO
 
    Vorrei...
 
 LAODICEA
 
                      Che vorresti?
 
 LEONATO
 
800Affetti.
 
 LAODICEA
 
                 Gli avrai.
 
 LEONATO
 
 Ma intanto?
 
 LAODICEA
 
                          Dovresti
 tacer e sperar.
 
 LEONATO
 
    Sì tarda speranza
 fa troppo penar.
 
 LAODICEA
 
805   Sì fiacca costanza
 non sa ben amar.
 
 LEONATO
 Tacerò, poicché ’l chiedi.
 Ma di quali speranze
 nutrir devo il rigor de’ miei silenzi?
 LAODICEA
810Che ti conturba?
 LEONATO
                                  Ah, Laodicea, ben vedo
 che ti son mal gradito e che non m’ami.
 Se ti parlo d’amor, mi chiudi il labbro.
 Se ti chiedo mercé, mi dai lusinghe.
 E pure al mio martiro
815saria prezzo bastante
 un sol tenero sguardo, un sol sospiro!
 LAODICEA
 Prence, da me ricevi
 ciò che dar posso. Amo ed avvampo anch’io;
 ma di tempra più forte,
820benché in petto di donna, è l’amor mio.
 Debole cuor pianga e sospiri amando.
 Io nol so far. Rispingo
 e lacrime e sospiri. Amo, non peno;
 tu ’l mio ardor non intendi,
825perché agli occhi l’ascondo e ’l chiudo in seno.
 
    Voglio amar ma non penar.
 Così vo’, così l’intendo.
 
    Non è affetto, è crudeltà
 il voler che una beltà,
830per piacerti e per amarti,
 viva in pene e stia piangendo.