L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 SCENA III
 
 FRILEVO e GIRITA
 
 FRILEVO
 Di una vana costanza
40non ti far più trofeo, bella Girita.
 Ama un re che ti adora. Ama un affetto
 che uscì da’ tuoi begli occhi e fu mia pena,
 che or parte dal mio core ed è tua sorte.
 GIRITA
 Il mio sposo amerò sino a la morte.
 FRILEVO
45Quale sposo ti fingi?
 Ov’è ’l tempio? Ove il talamo? Ove il rito?
 Ove il nodo si strinse? Ove le destre?
 GIRITA
 Amor fe’ gl’imenei. Senz’altra pompa,
 alma unendo con alma,
50ei fu l’ara, ei la dote,
 egli il pronubo, il nume, il sacerdote.
 FRILEVO
 L’amor di un re si oppone; io mia ti voglio.
 GIRITA
 Quante vuoi nel tuo talamo? Anche Alvilda...
 FRILEVO
 Né fu né fia mia sposa.
 GIRITA
55E la giurata fede?
 FRILEVO
 Politica la diede e amor la toglie.
 GIRITA
 L’amor del re prenda misure e voti,
 più che dal suo piacer, dal ben del regno.
 FRILEVO
 Dunque perché son re, deggio a me stesso
60esser tiranno e servo?
 Né mi è lecito amar?
 GIRITA
                                         Lice, s’è giusto.
 FRILEVO
 E l’amar ciò che piace è forse ingiusto?
 
    Voi sol piacete, o lumi,
 e voi sol voglio amar.
 
 GIRITA
65Sire, il veggo. Al tuo amore
 cede la tua ragion. Se teco i prieghi,
 se valessero i pianti, io ti direi
 supplice e lagrimosa:
 «Obblia questa fatal beltà infelice;
70ama il ben del tuo regno e la tua sposa».
 Ma poiché sol ti muove ingiusta brama
 e vuoi che questo giorno
 l’ultimo sia di un risoluto amore,
 odi ciò ch’io rispondo
75con franco cor, più che con voce ardita:
 «Sì, l’ultimo ei sarà ma di mia vita».
 
    Sparger non vo’ più lagrime
 ma sangue spargerò
 sol per placarti.
 
80   Ne l’ultima mia sorte,
 dimmi spietata o forte,
 cor per morire avrò,
 non per amarti.