L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 Eccellenza,
   due stimoli efficacissimi mi hanno indotto a consacrare all’eccellenza vostra il presente drama; l’uno si è la cognizione, ch’io tengo del suo gran merito, e l’altro il desiderio, che da lungo tempo in me vive, di pubblicare il profondo rispetto che le professo. Avrei potuto aggiugnerci anche per terzo l’antica e per così dire ereditaria servitù de’ miei ascendenti verso tutta la gloriosissima casa di vostra eccellenza, se in questa occasione io non avessi pensato di rassegnarle la sola mia riverenza, da altro appoggio non sostenuta che da quella generosità della sua grand’anima che non meno sa aggradire il poco in altrui di quello che sappia concepire il sommo in sé stessa. Questa ultima considerazione mi ha fatto superare ogni altro riguardo che doveva certamente rattenermi dal presentarmele innanzi con sì picciolo e fiacco componimento, poiché mi sono rassicurato che vostra eccellenza avrebbe anzi riguardato il cuore che la mano e più l’ossequio che l’opera; il che è ’l solo mezzo onde possono approssimarsi i voti degl’inferiori a’ supremi. Quindi ne risulterà un singolare vantaggio dal patrocinio di vostra eccellenza al mio drama; cioè a dire che molti lo crederanno di miglior lega, vedendolo onorato di un così nobile protettore; ed avverrà di esso lui ciò che suole accadere di certe statue anche rozze dove, se non si apprezza il lavorio dell’artefice, si ammira almeno la dignità dell’immagine, e dove l’opera esige venerazione, non per riguardo dell’arte ma per rispetto dell’idolo. Dovrei veramente valermi di sì favorevole congiuntura, per far l’elogio più conveniente all’idea che in me han potuto formarne le incomparabili prerogative di vostra eccellenza e la chiara fama, che pubblicamente ne corre, o almeno per accennare con qual zelo e con qual decoro ella in ogni tempo sostenne i più difficili impieghi e le dignità più cospicue, con qual merito ha di molto accresciuto lo splendore del suo nobilissimo sangue, e qual onore sempre mai ha fatto alle belle lettere, conservandone l’amore e la protezione anche in mezzo alle occupazioni dell’armi; ma ciò che a fatica potranno dire le storie, dove parleranno di lei, malamente potrei ristrignermi a dire in una lettera, dove parlo a lei non per ambizione di darle lode, il che sarebbe temerità, ma per motivo di dichiararmi, il che provviene da ossequio, qual sono e sarò eternamente di vostra eccellenza umilissimo, divotissimo, obbligatissimo servidore.
 
    Apostolo Zeno