Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 SCENA III
 
 EUMENE, ARTEMISIA, ANTIGENE e PEUCESTE
 
 ARTEMISIA
 Quante lagrime, Eumene,
 mi costaro i tuoi ceppi! E quanto sangue
 per la tua libertà sparger dovea!
465Se un destin più tiranno
 mi ritardava il tuo ritorno, forse
 al mio cedea troppo spietato affanno.
 Ma d’incensi e di fiori
 fumino i tempi e si coronin l’are.
 
470   Torni al labbro il lieto riso.
 Abbia pace il fier tormento.
 
    E in mirarti, amabil viso,
 più non piangano quest’occhi
 che di gioia e di contento.
 
 EUMENE
475Quanto per noi la sorte
 oggi cangia d’aspetto! Allor che i rischi
 vinti credea, presa Sebastia, in trono
 Artemisia riposta e me felice,
 pugnan più vigorose
480l’armi nemiche; i miei son vinti; insulta
 Laodicea più feroce; e me, sia fato
 o inganno sia, veggo tra’ ceppi e a pena,
 in destino sì rio,
 m’è concesso, o regina,
485il venirti a recar l’ultimo addio.
 ARTEMISIA
 Come!
 EUMENE
                Sì. Tornar deggio; e al mio ritorno
 deggio morir. Risolto
 ha così Laodicea. Barbare leggi
 pon sospenderne il colpo;
490ma mi si salva a prezzo tal la vita
 che l’averla a bramar saria viltade.
 ARTEMISIA
 Per vita a me sì cara,
 che può l’empia voler?
 EUMENE
                                            Chiede una pace
 che sul trono usurpato
495l’abbia a fermar. Chiede il tuo regno; e chiede
 per la mia libertà le tue ritorte,
 quasi fiacco a svenarmi
 esser possa il timor de la tua morte.
 ARTEMISIA
 Tanto mi si richiede?
 EUMENE
                                          Io qui ne vengo
500suo messaggier. Già leggo
 ne la tua fronte il tuo pensier. Regina,
 con l’amor tuo non consigliarti in questo
 destin crudel. La gloria mia tel vieta.
 Tu vivi e regna; io tornerò captivo;
505e se in morir ti salvo,
 la mia sciagura a mia gran sorte ascrivo.
 ARTEMISIA
 Che? Vuoi tormi la gloria
 di morire per te? Di regno e vita
 che mi cal, se ti perdo,
510quando l’un, quando l’altra
 per più bella cagion spender poss’io?
 Mora Artemisia e vivi,
 vivi tu, onor de l’armi, idolo mio.
 EUMENE
 Dal tuo cuor generoso,
515sforzo minor non attendea. Fu questa
 sicurtà che da’ ceppi a te mi trasse.
 Ma non deve un periglio
 render me vil, te sfortunata. Vivi;
 e da’ fine a una guerra
520che dee farti regina. Io far ritorno...
 PEUCESTE
 Ma, signor, noi morremo,
 pria che soffrir la tua sciagura. Alfine
 sei nel tuo campo e Laodicea, se puote,
 fuor del nostro poter venga a ritorti
 EUMENE
525Tornerò, tuo malgrado,
 Peuceste, a le catene. Ivi la fede
 in ostaggio lasciai. Serbar la devo.
 ARTEMISIA
 E sì tosto partir?...
 EUMENE
                                     Vanne e m’attendi
 nel real padiglion fra brevi instanti.
 ARTEMISIA
530O voglia il ciel che alfine
 ti facciano pietà, duce, i miei pianti.
 
    So che in vedermi a piangere
 non mi sarai crudel.
 
    Un vero amor non sa
535resistere a le lacrime
 di una beltà fedel.