Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VII
 
 ARSACE e STATIRA
 
 ARSACE
 Ah, Statira, perdona
 se tento la tua fé. Dimmi ch’io mora.
 STATIRA
1010Io sì barbaro cenno?
 ARSACE
 Sì, basta il dirlo a tranquillar quell’ira;
 e basta il farlo a guadagnarti un trono.
 STATIRA
 E questo è un esser forte?
 ARSACE
 Deggio cader. Barsina
1015ne pubblicò il decreto. Il crudo Oronte
 me ne fa la minaccia. Ah, sol tua legge
 sia il mio morir.
 STATIRA
                                 Deh taci.
 Empia ti sia Barsina, ingiusto Oronte;
 ma pietosa e fedel ti sia Statira.
 ARSACE
1020La pietà ch’è tuo danno,
 la fé, ch’è tuo periglio, è mio tormento.
 STATIRA
 Soffri che teco io sia infelice. Addio.
 Vado a Barsina. Ad ogni prezzo io voglio
 che viva Arsace. In lei tutto si tenti.
1025Tu grato all’opra amami e spera.
 ARSACE
                                                             Ah, senti...
 STATIRA
 
    Sento amor che sospirando
 dice a me ch’io vivo in te.
 E tu sei solo il mio cor.
 
    Così dice; e poi sperando
1030dal valor della mia fé
 la risposta attende amor.