Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VI
 
 ARSACE, ORONTE e STATIRA
 
 STATIRA
975Morirà Arsace?
 ARSACE
                               E tu sarai regina.
 STATIRA
 Tiranno vincitor!
 ARSACE
                                  Empia Barsina!
 ORONTE
 Io tiranno? Ah, Statira.
 Perdona all’amor mio... Ma non l’amore,
 sol la giustizia il suo cader destina.
 STATIRA
980Morirà Arsace?
 ARSACE
                               E tu sarai regina?
 ORONTE
 Orsù, tu non morrai. (Ad Arsace)
 Non perderai tu il trono. (A Statira)
 Un magnanimo sforzo, un sol tuo sguardo
 sia tua vita, tuo soglio. A me la cedi
985e vivi in libertade. A me ti dona
 e regna e sopra i Persi e sopra i Sciti.
 STATIRA
 Con troppo costo, Oronte,
 esso alla vita e me al comando inviti.
 ARSACE
 Non vagliono i tuoi doni
990ch’io sì gran ben ti ceda.
 ORONTE
                                               E pur lo cedi
 al colpo di un carnefice, s’io il voglio.
 ARSACE
 Facciasi. Allora, oh dio,
 me la torrà il morir, non l’incostanza;
 e la dono al destin, non a un rivale.
 ORONTE
995Ad un re generoso
 così favella un reo? Vedrem se possa
 più del mio braccio il vostro ardir. Ritorni
 e il giudice e il nimico
 su questo labbro. Udite
1000Tu, traditor, morrai. Lungi dal trono
 vivrai, donna ostinata. Io vo’ che veda
 te mia vittima il mondo e te mia preda.
 
    Quell’ardor, che fu vampa di amore,
 già diventa un incendio di sdegno.
 
1005   Ed amor, che fa l’ira più acerba,
 punirà nel fellon la superba,
 punirà nell’ingrata l’indegno.