Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA X
 
 ARSACE e poi STATIRA
 
 ARSACE
 
    Entro in campo, o dio d’amore,
 tuo guerriero e stringo l’armi.
 
    Tu sostienmi e braccio e core;
 e in mercede al tuo gran nume
210si alzeranno e bronzi e marmi.
 
 Questo è il loco...
 STATIRA
                                  Ove, o duce,
 Statira la crudel, mossa da cieca
 avidità d’impero,
 al difficil cimento, oh dio, ti espone.
215Lingua rubella! Ah come,
 come del core in onta
 proferir mai potesti ’l dolce nome?
 ARSACE
 Amabile idol mio, combatte Arsace
 e combatte per te. Son meco al fianco
220l’amor tuo, la mia fede;
 mi stimola beltà, ragion mi regge;
 sicuro è il mio trionfo,
 certa la tua grandezza; e tu paventi?
 Sì debole son io? Tu così ingiusta?
 STATIRA
225Ingiusta è mai la tema in un’amante?
 Caro Arsace, non sempre
 vince il più forte. Il caso
 anche ha le sue vittorie;
 e nimica a virtù spesso è fortuna.
 ARSACE
230Tolga il cielo gli auguri;
 ma morire per te, che bel morire!
 STATIRA
 Se solo a sì gran costo
 si dee regnar, scettro, corona, addio;
 voi siete il mio terror, non il mio voto,
235che per vita sì illustre
 non è prezzo condegno
 il trono della Persia e quel del mondo.
 ARSACE
 Mia regina, il tuo amore
 leggo nel tuo timor. Cari perigli!
240Pur consolati e parti. Il tempo è questo
 in cui, più che pugnar, vincer degg’io.
 STATIRA
 Ma sovvengati, Arsace,
 ch’io vivo nel tuo seno e tu nel mio.
 
    Difenditi, mia vita,
245almeno per pietà
 di chi ti adora.
 
    Ogni crudel ferita,
 che nel tuo sen cadrà,
 ad impiagar verrà
250quest’alma ancora.