Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA VI
 
 ARSACE, ORONTE e STATIRA
 
 STATIRA
975Morirà Arsace?
 ARSACE
                               E tu sarai regina.
 STATIRA
 Tiranno vincitor!
 ARSACE
                                  Empia Barsina!
 ORONTE
 Io tiranno? Ah! Statira.
 Perdona a l’amor mio... Ma non l’amore,
 sol la giustizia il suo cader destina.
 STATIRA
980Morirà Arsace?
 ARSACE
                               E tu sarai regina?
 ORONTE
 Orsù, tu non morrai. (Ad Arsace)
 Non perderai tu ’l trono. (A Statira)
 Un magnanimo sforzo, un sol tuo guardo
 sia tua vita, tuo soglio. A me la cedi
985e vivi in libertade. A me ti dona
 e regna e sovra i Persi e sovra i Sciti.
 STATIRA
 Con troppo costo, Oronte,
 esso a la vita e me al comando inviti.
 ARSACE
 Non vagliono i tuoi doni
990ch’io sì gran ben ti ceda.
 ORONTE
                                               E pur lo cedi
 al colpo di un carnefice, s’io ’l voglio.
 ARSACE
 Facciasi. Alora, o dio!
 me la torrà il morir, non l’incostanza;
 e la dono al destin, non a un rivale.
 ORONTE
995Ad un re generoso
 così favella un reo? Vedrem se possa
 più del mio braccio il vostro ardir. Ritorni
 e il giudice e ’l nemico
 su questo labbro. Udite.
1000Tu, traditor, morrai. Lungi dal trono
 vivrai, donna ostinata. Io vo’ che veda
 te mia vittima il mondo e te mia preda.
 
    Quell’ardor, che fu vampa di amore,
 già diventa un incendio di sdegno.
 
1005   Ed amor, che fa l’ira più acerba,
 punirà nel fellon la superba,
 punirà ne l’ingrata l’indegno.