Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 SCENA IX
 
 LAODICEA e NESSO
 
 LAODICEA
 Nesso, qual fausta notte
225fu questa mai? Mi vedo
 stabilir su quel trono
 che mal sicuro era poc’anzi e quasi
 minacciava ruine al dubbio passo.
 NESSO
 Vedrai fra poco il tuo nemico in ceppi
230e potrai col suo sangue...
 LAODICEA
 Ch’osi tu dirmi? E credi
 ch’io più non l’ami? Ah, fin d’alor che ’l vidi
 al fianco d’Alessandro, o quanto a l’alma
 costò caro il piacer degli occhi miei!
235In partendo conobbi
 ch’ove ottenni il diadema il cuor perdei.
 NESSO
 Ma che speri, o regina,
 da un vano affetto? È tuo nemico Eumene.
 LAODICEA
 Né sa ch’io l’ami.
 NESSO
                                  E se l’amor palesi?
 LAODICEA
240Nesso, chi sa?
 NESSO
                             T’è ignoto
 forse il suo ardor?
 LAODICEA
                                    Bugiarda
 spesso è la fama.
 NESSO
                                  E che dirà Leonato?
 Che non gli devi?
 LAODICEA
                                   È in mio poter l’amarlo?
 Il dargli un cuor che m’ha rapito Eumene?
 NESSO
245Vedi che alfin...
 LAODICEA
                                Non più. Taci. Lusinga
 gli affetti miei, non gli atterrir. Può solo,
 a chi popoli regge,
 chi l’adula piacer, non chi ’l corregge.
 
    Parla al cuor del suo diletto
250e da’ pace al suo timor.
 
    Digli omai che lieto ei vada
 a goder nel caro oggetto
 la delizia del suo amor.