Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA II
 
 IDASPE e li suddetti
 
 IDASPE
 Chiede Oronte, o regina,
 la libertà di qui vederti.
 STATIRA
                                              Venga
440a sua balia. La sorte
 gli dà questo poter, più che il mio cenno.
 IDASPE
 Ma dal tuo cenno ei brama,
 meglio che da la sorte, il suo contento. (Parte)
 ARSACE
 (Ah! Che di gelosia languir mi sento).
445A te sen viene Oronte;
 e poderoso e vincitor sen viene.
 STATIRA
 Deh! Non temer, mio bene.
 Venga qual vuol, mi troverà Statira.
 ARSACE
 Timido il cor sospira.
 STATIRA
450Se ne offende il mio amor. Là ti nascondi,
 testimonio vicin de la mia fede.
 ARSACE
 Stelle! Ma s’ei ti chiede...
 STATIRA
 Non più. Dentro al mio cor, nel mio sembiante,
 ei vedrà la nemica e tu l’amante.
 ARSACE
 
455   Ti bacio, o cara mano,
 perché da te si stenda
 il bacio sino al cor.
 
    Il cor egli ti accenda
 col mio pudico ardor;
460e poscia lo difenda
 contro un nemico amor. (Si ritira nel gabinetto)