Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA PRIMA
 
 STATIRA, poi ARSACE
 
 STATIRA
 
    Di quest’alma, o cielo, a’ prieghi,
410regno e amor serbar dovresti.
 
    Se un di questi a me tu nieghi,
 il mio bene almen mi resti.
 
 ARSACE
 Regina, a’ fati avversi
 non mi restò che un solo colpo. Un solo
415ch’è ’l mio morir.
 STATIRA
                                   Questo si tolga e lieta
 di tutto il loro sdegno assolvo i numi.
 ARSACE
 Ch’io viva, orché m’è tolta
 la speme di vederti in trono assisa,
 mercé del mio valor? Lascia, o Statira,
420al mio braccio, al mio cor gli ultimi sforzi.
 STATIRA
 Che pensi?
 ARSACE
                        A quel cimento
 che mi dovea Oribasio,
 chiamar pretendo il vincitor superbo.
 STATIRA
 Cotanto ardir?
 ARSACE
                              Le tue sciagure, o bella,
425tanto mi fanno audace.
 O risorga Statira o cada Arsace.
 STATIRA
 Ferma. Ci vinse Oronte;
 ma pien de la sua gloria altro non cura.
 Non mi vedrai le sue catene al piede.
 ARSACE
430Forse ei le serba al core.
 STATIRA
 Mi vide; ma non lessi
 ne’ guardi suoi pur un affetto. Il labbro
 composto in maestà nulla mi disse
 che fosse tuo timore; e la vittoria
435si contenne modesta,
 tutta nel sol piacer de l’aver vinto.
 ARSACE
 Tanto applauso a un nemico?