Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 SCENA VIII
 
 NESSO e li suddetti
 
 NESSO
 Antigene, o regina,
185questo foglio t’invia.
 LAODICEA
                                        (Seco poc’anzi
 gran trame ordii). Leonato,
 meco t’arresta. A la tua fede occulto
 nulla esser dee.
 LEONATO
                               Che fia?
 LAODICEA
 (Pende da questo foglio,
190fra speranza e timor, l’anima mia).
 «Perché ne’ tesi aguati
 cada il comun nemico,
 tutto è disposto e manca solo a l’opra
 il fido stuol che, fra l’angustie e l’ombre,
195spensierato il sorprenda
 e prigionier sel guidi.
 A’ tuoi voti, o regina,
 arride il cielo. Puote
 sol l’indugio tradir. L’alba è vicina».
200Eumene è il grande acquisto,
 di cui si tratta.
 LEONATO
                              Eumene?
 LAODICEA
                                                  Ed al tuo braccio
 l’affiderei ma...
 LEONATO
                               Qual timor? Disponi
 a tuo piacer. Brami che vada io stesso?
 Che immerga in lui?...
 LAODICEA
                                            Questo è ’l gran mal ch’io temo.
205La sua morte i miei rischi
 potria irritar più che finir. Lui vivo
 e in mio poter, posso dar leggi al vinto
 e la corona assicurarmi in fronte.
 LEONATO
 Trarrollo in ceppi a’ piedi tuoi.
 LAODICEA
                                                          Sì, prence,
210questo è ’l dono più caro
 che far mi puoi. Sciegli i più fidi a l’opra.
 Vanne; ma ti rammenta
 di nol ferir. Ne la tenzon rifletti
 che mi lasci il tuo amor quasi in ostaggio
215de la vita d’Eumene
 e che, piagando lui, piaghi te stesso.
 LEONATO
 Avrò ne l’alma il tuo commando impresso.
 
    Bel labbro idolatrato,
 disponi a tuo piacer
220di un cor che t’ama.
 
    Tu, amabile mio fato,
 da’ leggi al mio voler
 con la tua brama.