Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA X
 
 ARSACE e poi STATIRA
 
 ARSACE
 
    Entro in campo, o dio d’amore,
 tuo guerriero e stringo l’armi.
 
    Tu sostienmi e braccio e core;
 e in mercede al tuo gran nume
210si alzeranno e bronzi e marmi.
 
 Questo è ’l luogo...
 STATIRA
                                    Ove, o duce,
 Statira la crudel, mossa da cieca
 avidità d’impero,
 al difficil cimento, o dio! ti espone.
215Lingua rubella, ah! come,
 come del core in onta
 profferir mai potesti il dolce nome?
 ARSACE
 Amabile idol mio, combatte Arsace
 e combatte per te. Son meco al fianco
220l’amor tuo, la mia fede;
 mi stimola beltà, ragion mi regge;
 sicuro è ’l mio trionfo,
 certa la tua grandezza; e tu paventi?
 Sì debole son io? Tu così ingiusta?
 STATIRA
225Ingiusta è mai la tema in un’amante?
 Caro Arsace, non sempre
 vince il più forte. Il caso
 anche ha le sue vittorie;
 e nemica a virtù spesso è fortuna.
 ARSACE
230Tolga il cielo gli auguri;
 ma morire per te, che bel morire!
 STATIRA
 Se solo a sì gran costo
 si dee regnar, scettro, corona, addio;
 voi siete il mio terror, non il mio voto,
235che per vita sì illustre
 non è prezzo condegno
 il trono de la Persia e quel del mondo.
 ARSACE
 Mia regina, il tuo amore
 leggo nel tuo timor. Cari perigli!
240Pur consolati e parti. Il tempo è questo
 in cui, più che pugnar, vincer degg’io.
 STATIRA
 Ma sovvengati, Arsace,
 ch’io vivo nel tuo seno e tu nel mio.
 
    Difenditi, mia vita,
245almeno per pietà
 di chi ti adora.
 
    Ogni crudel ferita,
 che nel tuo sen cadrà,
 ad impiagar verrà
250quest’alma ancora.