Statira (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA III
 
 DARIO e li suddetti\D
 
 DARIO
 Qual nume avverso oggi cospira a’ danni
 del perso impero? Onde tant’ire? È questo
 d’odi privati il miglior tempo? A fronte
40abbiam quel che va tinto
 del regio sangue, il fiero scita, Oronte.
 Là s’impieghi l’acciaro e là trionfi.
 Diasi e per voi, gran donne,
 a le risse funeste
45tregua almen, se non fine.
 Siate di voi, pria che di altrui regine.
 STATIRA
 Dario, gran duce, il cielo
 vede e l’ombra paterna
 con quale orror gli odi civili io scerna.
50Ma costei troppo altera
 vuole usurpar ciò che a giustizia è mio.
 Nol soffrirò.
 BARSINA
                         Statira,
 per non soffrirlo ho le mie furie anch’io.
 STATIRA
 Ne sia giudice il popolo e ’l Senato.
 BARSINA
55L’acquisto di un diadema
 non vuol dimore.
 DARIO
                                  Orché tanta di stragi
 sete ti accende, a l’armi
 commettasi, o Barsina, il dubbio evento.
 Ma non si sveni al tuo furor privato
60la comune salute.
 Forte guerriero ambe scegliete. In chiuso
 campo fra lor si pugni;
 e sia de la vittoria
 prezzo ad una lo scettro, ad un la gloria.
 STATIRA
65Statira applaude.
 BARSINA
                                   Anch’io v’assento.
 DARIO
                                                                      Omai
 non si tardi la scelta.
 BARSINA
 Facciasi tosto.
 STATIRA
                             Arsace
 sia mio campione.
 BARSINA
                                     (O numi!) Al tuo valore
 la mia ragion, forte Oribasio, affido.
 DARIO
70Pari è l’incontro; ambo d’invitti han grido.
 ARSACE
 Non mai, bella Statira,
 avrò vibrato in miglior uso il brando
 che a tuo favor pugnando.
 ORIBASIO
 Orché son tuo guerrier, cara Barsina,
75nuovo insolito ardore
 sento in seno avvamparmi.
 Vado a dispor l’ire a la pugna e l’armi. (Parte)
 ARSACE
 
    Parto, o bella, e già son certo
 che pugnando io vincerò.
 
80   Alma e destra ho più robusta;
 se la parte or son più giusta,
 la più forte ancor sarò.