Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 GERILDA e SIFFRIDO, poi FENGONE e VEREMONDA
 
 GERILDA
 O infedele o spietata
 mi vuole il mio destino. Ambo delitti
 che col pianto l’orror chiaman sul ciglio.
 SIFFRIDO
 L’uno ti è traditor, l’altro ti è figlio.
1320E qui col traditore è il tradimento.
 FENGONE
 Pur men fiera ti veggio. (A Veremonda)
 VEREMONDA
                                               (Oh che tormento!)
 FENGONE
 Parla. Il dono di un regno
 più cortese ti chiede.
 SIFFRIDO
 Or vanta il tuo dovere e la tua fede. (A Gerilda)
 VEREMONDA
1325È dono, sì; ma di Gerilda il duolo
 fa ch’ei sembri mia colpa e mia rapina.
 FENGONE
 In te la sua regina
 soffra in pace costei.
 GERILDA
 E l’onte aggiungi, o sconoscente, a’ danni?
 FENGONE
1330Del mio gioir presente
 per trionfo ti vo’, non per accusa.
 Ma, bei lucidi rai, meno severi (A Veremonda)
 a mirar le mie fiamme io vi vorrei.
 GERILDA
 (Così dicea l’ingrato un giorno a’ miei). (A Veremonda)
 VEREMONDA
1335Mi ricorda Gerilda
 che troppo è fral della tua destra il laccio.
 FENGONE
 No no, la sua fierezza,
 ma più la tua beltà, da lei mi scioglie.
 SIFFRIDO
 (Udisti, udisti? Ei non ti vuol più moglie). (A Gerilda)
 FENGONE
1340Or vieni e qui ti assidi. (A Veremonda)
 VEREMONDA
 (Ambleto, a che mi astringi?)
 FENGONE
 Qui co’ più dolci umori
 si temprino gli ardori...