Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XII
 
 GERILDA e i suddetti
 
 VALDEMARO
 Io de’ miei torti e testimonio e pompa?
 Regina.
 GERILDA
                  Oh dio! Chi regna
1285vuol ch’io sia sol Gerilda.
 VALDEMARO
 Ma il valor di più destre
 vuol che tu sia regina e vendicata.
 GERILDA
 Come? Quando? Che fia?
 VALDEMARO
 In quest’ombre vedrai...
 SIFFRIDO
                                               Guardati, o duce,
1290di far noti a Gerilda i tesi inganni.
 Al re, più che nimica, ella è consorte
 e due volte, a me infida, il tolse a morte.
 VALDEMARO
 Che sento! Hai cor che possa
 senza sdegno cader da un regio trono?
 GERILDA
1295(Fingerò. Forse il merto
 di svelar la congiura
 mi renderà scettro e marito). Amici,
 plaudo al vostr’odio e il mio vi aggiungo. Dite.
 Qual n’è il pensier? Chi n’è il ministro? E quando?
 SIFFRIDO
1300Invan. Non le dar fede.
 GERILDA
 Perfidi, il tacer vostro
 senza pena non fia. So i congiurati,
 se non la trama. Andrò...
 VALDEMARO
                                               Vanne. Ma teco
 venga il ripudio tuo, venga il tuo danno.
1305Va’. Racconta al tiranno
 che Valdemaro è suo nimico. Digli
 che le rovine sue tenta Siffrido.
 E se l’autore ei chiede
 di questo, che non sai, grave segreto,
1310eccone il nome. Odilo e trema, Ambleto.
 
    Va’, se puoi, tradisci un figlio,
 perché viva un reo consorte.
 
    Ed il cieco tuo consiglio,
 che sinor fu il suo periglio,
1315sia pur anche la sua morte.