Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 GERILDA, poi AMBLETO da guerriero
 
 GERILDA
 Caro, adorato figlio,
 non giungi ancor? Dacché mi trasse all’ara
 vittima più che sposa il fier regnante,
710svelto dal sen mi fosti; e più non vidi
 quel volto, oh dio, sol mia delizia e gioia.
 Vieni, diletto figlio...
 AMBLETO
 Su, qui tutto si accampi
 l’esercito fatal dell’ire mie;
715e giustizia e ragion ne sieno i duci.
 GERILDA
 Viscere mie, mio sangue.
 AMBLETO
                                                 E sangue io voglio. (Entra in una stanza)
 GERILDA
 Deh, ferma, Ambleto. E non distrugge amore
 que’ fantasmi, quell’ombre
 che gli offuscan la mente?
 AMBLETO
720Ov’è il nimico? Parla.
 GERILDA
 Nimico qui? Me non ravvisi, o figlio,
 tua madre?
 AMBLETO
                         A chi sei madre?
 GERILDA
 A te.
 AMBLETO
            Sei mia tiranna e mia nimica. (Entra in un’altra)
 GERILDA
 Oh deluse speranze!
725Oh tradito conforto!
 Empio destin!
 VOCE DI DENTRO
                              Son morto.
 GERILDA
 Cieli, che sarà mai? (Entra in una stanza)
 AMBLETO
 Fu verace Siffrido. Or vada, vada
 quell’ombra scellerata
730al tiranno crudel nunzia di morte.
 GERILDA
 Oimè, che fece! Io temo
 l’ira del re. So che l’ucciso Iroldo
 de’ suoi fidi è il più caro.
 AMBLETO
 Seguasi la vendetta.
 GERILDA
735Mio caro figlio, in questo pianto almeno
 non ravvisi ’l mio core?
 La madre non ravvisi?
 AMBLETO
 Non ti ravviso, no. Madre ad Ambleto,
 consorte ad Orvendillo era Gerilda.
740Era in lei fede; era onestà e virtude.
 Ma tu, d’allor che al fianco
 dell’empio usurpatore
 macchiasti ’l regio letto e di Orvendillo
 la memoria tradisti, altro non sei
745che adultera per lui, per me matrigna.
 Smarrite or son le tue sembianze e teco,
 sul trono ancor di regia morte intriso,
 regna il vizio e l’orror. Non ti ravviso.
 GERILDA
 Oh me felice! È vero,
750è vero pur che non sia stolto il figlio?
 AMBLETO
 Oh dei! Così lo fossi,
 che mi torria questa sciagura almeno
 al senso de’ miei mali e de’ tuoi scorni.
 GERILDA
 Vieni, o viscere care, al sen materno...
 AMBLETO
755Addietro, o donna. Amplessi
 comuni ad un fellone a me tu porgi?
 A me stendi quel labbro
 che già stancar di un parricida i baci?
 Va’, misera, e gli serba a chi già infama
760il tuo soglio, il tuo letto e la tua fama.
 GERILDA
 M’avea il piacer finora
 a’ rimproveri tuoi chiuso l’udito.
 Ma già il silenzio è stupidezza. Ascolta.
 AMBLETO
 Che dir potrai che te più rea non mostri?
 GERILDA
765Dirò che quanto io debbi
 diedi al tuo genitor...
 AMBLETO
                                         L’urna reale
 a’ novelli imenei cangiando in ara?
 GERILDA
 Ah, che vi andai costretta. Io, donna e sola,
 che far potea col regnator lascivo?
 AMBLETO
770Pria che ceder, morir.
 GERILDA
                                           Ma con qual ferro?
 AMBLETO
 Può mancar mai la morte a un generoso?
 GERILDA
 Manca anche questa, o figlio,
 in corte di un tiranno, allorch’è dono.
 AMBLETO
 E chi potea sforzarti ad abbracciarlo?
 GERILDA
775Pria che sua moglie, esser dovea sua preda
 e lui drudo soffrir pria che marito?
 AMBLETO
 Dovevi almen, fra’ primi sonni immerso,
 nel talamo real lasciarlo esangue.
 GERILDA
 Oimè! Gerilda allor era sua moglie.
 AMBLETO
780Anzi più che sua moglie era sua amante.
 GERILDA
 Giuro agli dei...
 AMBLETO
                                Spergiura,
 siati pur caro il tuo novel consorte.
 Soffri ch’ombra dolente e invendicata
 su le sponde di Stige erri Orvendillo
785e che gema la patria
 sotto il duro comando e, se non basta,
 che vittima di stato a’ piè ti cada
 quel che chiami tuo figlio, iniqua madre.
 Dopo tutto anche soffri
790che regina ti esigli,
 che moglie ti ripudi il re spietato.
 Questo forse n’è il giorno; e il favor solo,
 che dal tiranno attendo,
 del tuo ripudio è il disonore e il duolo.
 
795   Della vendetta il fulmine
 sopra di te cadrà.
 
    Regina senza regno,
 consorte senza sposo,
 non so se a riso o a sdegno
800ognun ti additerà.