Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 SIFFRIDO e poi VEREMONDA
 
 SIFFRIDO
 Vanne, o crudel. Non sempre
 la morte fuggirai ch’io ti preparo.
75Al caro padre ed al german diletto,
 dall’odio tuo svenati,
 questa vittima io deggio e il fatal colpo...
 (Qui Veremonda! Il suo dolor m’accora).
 VEREMONDA
 
    Empia sorte, a me togliesti
80e comando e libertà.
 
    Ma non nasce il mio dolore
 da miseria o da catene.
 
    Quel che piango è un maggior bene,
 già delizia dell’amore,
85or oggetto alla pietà.
 
 SIFFRIDO
 Principessa, al tuo pianto
 fa ragione il mio duol.
 VEREMONDA
                                           La mia sciagura
 comincio a meritar, se tu la piangi.
 La pietà di un fellon giusta la rende.
 SIFFRIDO
90Ciò che par fellonia, sovente è fede.
 VEREMONDA
 Arte è d’anima rea finger virtude.
 SIFFRIDO
 Mal si giudica il cor sol dall’esterno.
 VEREMONDA
 Ma l’opre sono testimon del core.
 SIFFRIDO
 Non move il mio che zelo, fede e onore.
 VEREMONDA
95Del tuo ucciso monarca
 rispettar l’uccisor, servir l’iniquo
 distruttor della patria,
 mirar dall’empio, e sofferirlo e amarlo,
 il regno desolato e sin ridotto
100alla miseria, oh dio! degna ch’io sempre
 l’accompagni col pianto, il regio erede,
 questo è onor? Questo è zelo? E questa è fede?
 SIFFRIDO
 È ver...
 VEREMONDA
                 Parti. Usar teco
 più lunga sofferenza
105o diventa mia colpa o mio tormento.
 SIFFRIDO
 Credimi reo; mi assolverà l’evento.
 
    Credimi, sì, qual vuoi,
 perfido e traditor; non ho discolpa.
 
    Ma in mezzo agli odi tuoi,
110più sento il tuo dolor che la mia colpa.