Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA XIII
 
 GERILDA, SIFFRIDO, poi FENGONE e VEREMONDA
 
 GERILDA
 O infedele o spietata
 mi vuole il mio destino. Ambo delitti
 che col pianto l’orror chiaman sul ciglio.
 SIFFRIDO
1320L’uno ti è traditor, l’altro ti è figlio.
 E qui col traditore è ’l tradimento.
 FENGONE
 Pur men fiera ti veggio. (A Veremonda)
 VEREMONDA
                                               (O che tormento!)
 FENGONE
 Parla. Il dono d’un regno
 più cortese ti chiede.
 SIFFRIDO
1325Or vanta il tuo dovere e la tua fede. (A Gerilda)
 VEREMONDA
 È dono sì; ma di Gerilda il duolo
 fa che ei sembri mia colpa e mia rapina.
 FENGONE
 In te la sua regina
 soffra in pace costei.
 GERILDA
1330E l’onte aggiugni, o sconoscente, ai danni?
 FENGONE
 Del mio gioir presente
 per trionfo ti vo’, non per accusa.
 Ma, be’ lucidi rai, meno severi (A Veremonda)
 a mirar le mie fiamme io vi vorrei.
 GERILDA
1335Così dicea l’ingrato un giorno a’ miei. (A Veremonda)
 VEREMONDA
 Mi ricorda Gerilda
 che troppo è fral de la tua destra il laccio.
 FENGONE
 No no, la sua fierezza
 ma più la tua beltà da lei mi scioglie.
 SIFFRIDO
1340(Udisti, udisti? Ei non ti vuol più moglie).
 FENGONE
 Or vieni e qui ti assidi. (A Veremonda)
 VEREMONDA
 (Ambleto, a che mi astringi?)
 FENGONE
 Qui co’ più dolci umori
 si temprino gli ardori...