Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA XV
 
 AMBLETO e VEREMONDA
 
 AMBLETO
 Diletta Veremonda, egli è pur tempo
 che a cor franco io ti parli e ch’io ti abbracci.
 VEREMONDA
940Ambleto, anima mia, son così avvezza
 al funesto mio duol ch’esser mi sembra
 misera nel contento.
 AMBLETO
 Quando è immenso il piacer, meno si gode.
 VEREMONDA
 Ah! Che questa impotenza
945è un presagio di mali.
 AMBLETO
 Temer nel bene è un diffidar del cielo.
 VEREMONDA
 Goder nel rischio è un lusingar le pene.
 AMBLETO
 Qual rischio a te figuri?
 VEREMONDA
 Il poter di un tiranno e l’altrui frode.
 AMBLETO
950Virtù ci affidi. Abbiam per noi, mia vita,
 quella di Valdemaro e più la nostra.
 VEREMONDA
 Dunque al gioir, se lice.
 AMBLETO
 E un momento felice
 non occupi timor di male incerto.
 VEREMONDA
955Piacer tranquillo è guiderdon del merto.
 AMBLETO
 
    Godi, o cara, ma di un diletto
 che misura sia de l’amor.
 
    Quell’affetto, che ben non gode
 quand’è in braccio del dolce oggetto,
960è un affetto di debol cor.
 
 VEREMONDA
 
    Godo, o caro, quanto so amarti
 e sin godo nel tuo goder.
 
    L’alma amante, che in me respira,
 in te passa per abbracciarti
965e là s’empie del suo piacer.
 
 AMBLETO
 Fugace godimento! Ecco il tiranno.
 VEREMONDA
 E Valdemaro è seco.
 A DUE
                                        Ah! Siam traditi.