Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA VI
 
 AMBLETO e li suddetti
 
 AMBLETO
 (Che ascolto?)
 VEREMONDA
                             Sì, l’iniquo mi ama; e questo
625degli acerbi miei mali è ’l più funesto.
 AMBLETO
 Flora, dimmi, sai tu l’aspra sventura (A Veremonda)
 di quel bel giglio?
 VEREMONDA
                                    (O ciel, quanto è vezzoso!)
 AMBLETO
 E tu sai l’ardimento (A Valdemaro)
 di quella serpe?
 VALDEMARO
                                O sfortunato prence!
 AMBLETO
630A me poc’anzi, a me
 ne raccontò Zeffiro amico il caso.
 
    Cinto di amiche rose un dì crescea,
 bianco figlio de l’alba, un giglio ameno;
 ed un’ape innocente in esso avea
635riposo al volo ed alimento al seno.
 Quando una serpe insidiosa e rea
 se gli accostò col suo crudel veleno;
 e alor si udì fra ’l danno e fra ’l periglio
 pianger quell’ape e sospirar quel giglio.
 
 VEREMONDA
640(Par che per me favelli).
 AMBLETO
 Deh! Accorrete in difesa a fior sì vago.
 VALDEMARO
 (Seguir conviene i suoi deliri). Taci,
 che già fuggì l’infida serpe altrove.
 AMBLETO
 Ma torneravvi. Tu di acute spine
645arma quel fiore e ’l custodisci illeso. (A Veremonda)
 VEREMONDA
 Non temer.
 AMBLETO
                        E se torna
 il suo nemico, e tu col piè lo premi. (A Valdemaro)
 (M’intendesser così).
 VEREMONDA
                                          (Quanto il compiango!)
 VALDEMARO
 Accheta il duol. Me in tua difesa avrai.
650Ma concedi...
 AMBLETO
                           Rimira (A Valdemaro)
 qual s’erge al ciel denso vapor che oscura
 di Febo i rai. (La gelosia mi uccide).
 VEREMONDA
 (Tormentosi deliri!) Valdemaro,
 a la tua gloria affido
655l’onor mio, la mia pace; e mentre in essa
 la mia salvezza bramo,
 la tua virtude in mio soccorso io chiamo.
 
    Non è sì fido al nido
 de l’usignuolo il volo,
660com’io son fida a te; ma non m’intendi.
 
    Non è sì chiara e bella
 d’amore in ciel la stella,
 com’è la fé ch’è in me; ma nol comprendi.