Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA IV
 
 VEREMONDA e GERILDA
 
 VEREMONDA
 Son comuni i miei torti anche a Gerilda.
 Arde di me il tuo sposo.
 GERILDA
 Arde di te?
 VEREMONDA
                        Nel vicin bosco ei stesso
 scoprì l’ardor. Con quale orror, tu ’l pensa.
 GERILDA
580Tanto egli osò? Tu orror ne avesti?
 VEREMONDA
                                                                 Come
 favellar può di amore un re marito
 a vergine real senza oltraggiarla?
 GERILDA
 E tu la grave offesa a me confidi?
 VEREMONDA
 A te che sei consorte, a te che in lui
585non ritrovi, lo so, che il tuo tiranno.
 GERILDA
 Non mi affligge il suo amor; piango il tuo inganno.
 VEREMONDA
 L’inganno mio?
 GERILDA
                                Gerilda
 non mai gli fu più cara.
 VEREMONDA
                                             E appunto un core,
 quando cerca tradir, finge più amore.
 GERILDA
590Eh! Veremonda, è l’uso,
 sia senso o bizzarria, d’alma regnante
 questa mostrar sovranità di affetto
 col parere incostante,
 cercar più d’un diletto,
595voler piacere a molte,
 molte ancor lusingarne
 e poi sol una amarne.
 VEREMONDA
 Credi meno ad un empio, io ti consiglio.
 GERILDA
 Tu meno al tuo bel ciglio.
 
600   Hai bel vezzo, hai bel sembiante;
 ma non sempre a labbro amante
 dei dar fede e lusingarti.
 
    Facil cede alma che crede;
 e più vinci in men fidarti
605di chi giura di adorarti.