Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA XVIII
 
 FENGONE e VEREMONDA
 
 FENGONE
 (Sono anche incerto). Il prence
 forse delira e ’l suo maggior delirio
460fu ’l partirsi da voi, luci adorate.
 VEREMONDA
 A chi parli?
 FENGONE
                         A’ tuoi lumi ed al tuo core.
 VEREMONDA
 Tiranno. O del mio nome
 troppo debol virtù, se non spaventi
 sì temerario ardire! Ardir tropp’empio,
465se de la mia virtude oltraggi il lume!
 FENGONE
 Empio, no, nol chiamar. Chiamalo cieco,
 perch’è un ardir d’amore.
 VEREMONDA
                                                  E parli meco?
 Tu re marito a Veremonda amori?
 FENGONE
 Non sono eterne al cor d’un re, mio bene,
470d’imeneo le catene.
 
    Meglio intendi un dolce affetto
 e saprai che non ti offende.
 
    Non è oltraggio ma rispetto
 quel desio che in me si accende.