Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA IV
 
 VEREMONDA e poi AMBLETO con ILDEGARDE
 
 VEREMONDA
 Il so. Non ha discolpa il tradimento;
 ed è lusinga... Ah! Che vegg’io?
 ILDEGARDE
                                                           Che pensi? (Ad Ambleto)
 AMBLETO
 Vorrei saper...
 ILDEGARDE
                             Che mai?
 AMBLETO
                                                 Perché non piange
 l’aurora in cielo, or ch’è prigione il sole.
 ILDEGARDE
115(Vezzose frenesie!)
 VEREMONDA
                                      (Pietoso oggetto!)
 AMBLETO
 Io vi conosco, sì.
 Tu Clizia sei che siegui (Ad Ildegarde)
 ma senza speme, intendi ben, di Apollo,
 che non ti ascolta, i passi.
120Tu Citerea. Ravviso (A Veremonda)
 in quel ciglio, in quel labbro Amore assiso.
 ILDEGARDE
 (Vaneggia e m’innamora).
 VEREMONDA
 (L’idea de’ primi affetti ei serba ancora).
 Ambleto, ormai da’ pace...
 AMBLETO
                                                  A chi favelli?
125Quest’Ambleto dov’è? Dov’è?
 ILDEGARDE
                                                        Tu ’l sei.
 AMBLETO
 Io Ambleto? E dov’è il padre?
 Dove i vassalli? Veremonda? Il trono?
 Ambleto è morto. Io l’ombra sol ne sono.
 VEREMONDA
 (Misero prence!)
 ILDEGARDE
                                  Ove ten vai? Che cerchi?
 AMBLETO
130Cerco il cor che perdei.
 ILDEGARDE
 (Core di sì bel seno almen foss’io).
 VEREMONDA
 (Tu non sei senza cor, se tieni il mio).
 Ma quando lo smarristi?
 AMBLETO
 Alor che la mia pace a me fu tolta.
 VEREMONDA
135Chi tel rapì?
 ILDEGARDE
                          Chi lo possiede?
 AMBLETO
                                                          Ascolta.
 
    A questi occhi giunse un dì
 la bellezza con amor
 e per gli occhi in sen mi entrò.
 
    Quando poi da me partì,
140se ne uscì con essa il cor
 e l’amore vi restò!
 
 ILDEGARDE
 Dunque ancor sei amante?
 AMBLETO
 Ma dove, dov’è Ambleto?
 Dov’è il mio cor? Forse in quel sen racchiuso? (A Veremonda)
145No no, ch’egli è di neve
 e ’l mio povero core è tutto foco.
 VEREMONDA
 (Mi struggo di pietade).
 ILDEGARDE
                                               (Ardo di amore).
 Veremonda, che tardi? A Valdemaro
 nel suo nobil trionfo
150la tua dimora il più bel fregio invola.
 (Così col bel che adoro io resto sola).
 VEREMONDA
 Si ubbidisca la sorte.
 Le sventure di Ambleto
 veder senza morir più non poss’io,
155perché il duol, ch’ei non sente, è dolor mio.
 
    Nel furor de’ suoi deliri
 trovo ancor la sua beltà.
 
    E l’affetto
 dice a me che i miei sospiri
160son di amor, non di pietà.