Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA II
 
 FENGONE e SIFFRIDO
 
 SIFFRIDO
 Grazie agli dei. T’inchino
 fuor di periglio, o re. (Perfida sorte!)
 FENGONE
 Di Gerilda l’amor mi tolse a morte.
 SIFFRIDO
 Ma qual duolo ancor serbi?
 FENGONE
40Goder poss’io con mille insidie al fianco?
 SIFFRIDO
 Del felice tuo impero
 meglio intendi il destin. Vinta è l’Allanda.
 FENGONE
 Trofeo di Valdemaro, il duce invitto.
 SIFFRIDO
 Veremonda è tua schiava.
 FENGONE
                                                  (Anz’io sua preda).
 SIFFRIDO
45Ambleto è in tuo poter.
 FENGONE
                                             Pur ne pavento.
 SIFFRIDO
 Che puoi temer d’un forsennato? Han tolto
 tante sciagure il senno a l’infelice.
 FENGONE
 Fors’egli finge.
 SIFFRIDO
                              È gelosia di regno.
 FENGONE
 Siffrido, un gran timore ha un grande ingegno.
50Cada egli pur.
 SIFFRIDO
                             Ch’ei cada?
 Qual frutto avrai? D’odio e d’infamia.
 FENGONE
                                                                       E ognora
 dovrò temerne?
 SIFFRIDO
                                I tuoi sospetti accerta.
 FENGONE
 Ma per qual via?
 SIFFRIDO
                                  Di Veremonda un tempo
 non arse il prence?
 FENGONE
                                      (Anch’io ne avvampo). È vero.
 SIFFRIDO.
55Non gli è madre Gerilda?
 FENGONE
 De’ suoi primi sponsali unico frutto.
 SIFFRIDO
 Può a fronte di beltade o di natura
 l’arte coprirsi? E se pur anche Ambleto
 sforza gli affetti e fa tacere il sangue,
60fanne a mensa real l’ultima prova,
 che fra le tazze il simular non giova.
 FENGONE
 Saggio consiglio e non si tardi l’opra.
 Tosto la real caccia
 vanne, amico, a dispor. Me chiama intanto
65di Valdemaro il merto a la sua gloria.
 SIFFRIDO
 Già serve al tuo destin sorte e vittoria.
 FENGONE
 
    Smanie di re geloso,
 datevi un dì riposo,
 stanche di più penar.
 
70   Schiavo di rio sospetto,
 son condannato e astretto
 me stesso a paventar.