Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 Eccellenza,
    sono così abbondanti le grazie, con le quali vostra eccellenza si degna di qualificare il nostro rispetto, che ornai diventa nostro rimorso ciò che finora ci servì di vantaggio e, non potendo noi rettribuirle cosa che sia ad esse proporzionata, abbiamo quasi più volte desiderato che fosse ella men generosa nell’impartircele, perché noi fossimo meno confusi nell’impotenza di corrispondere alle medesime. Ma perché né dobbiamo mortificarci di ciò che ridonda in fregio del magnanimo di lei cuore né sofferire che la benignissima sua protezione rimanga più lungamente senza qualche pubblica testimonianza della nostra umilissima gratitudine, mossi da pari ragioni, siamo concorsi nel conforme sentimento di consacrare al nome autorevole dell’eccellenza vostra il drama presente e di supplicarla ad aggradirne l’offerta, debole, sì, ma sincera. In quest’atto non creda ella che noi pensiamo a diffalcare alcuna minima porzione de’ nostri comuni doveri; anzi è nostro voto di accrescerli con ottenere il singolar beneficio di un clementissimo patrocinio alle nostre fatiche. Egli è assai noto al mondo che il chiarissimo sangue, la famiglia gloriosa e la persona istessa di vostra eccellenza è superiore a qualsivoglia applauso; onde riesce anche manifesto che, nel chiamarla ad invigorire con la sua assistenza la nostra fiacchezza, non vi ha parte né la illustre sua nascita né ’l singolare suo merito; ma tutto bensì l’interesse è del nostro credito che ricorre per appoggio alla di lei autorità riverita. Piaccia così all’eccellenza vostra di perdonare all’ardimento di tale speranza; ed accogliendo in questo ufficio un mero tributo della nostra ossequiosa riconoscenza, ci permetta che in esso comparisca l’obbligo ed il titolo col quale ci protestiamo di vostra eccellenza umilissimi, divotissimi ed obbligatissimo servitori.
 
    N.N.