I rivali generosi, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 BELISARIO e VITIGE; seguito di soldati e di schiavi
 
 BELISARIO
 Sia destino o virtù, Vitige, ho vinto.
 VITIGE
 Son vinto, è ver. La sorte
 co’ tuoi trionfi approva
1190non la parte miglior ma la più forte.
 Ma benché vinto, ancor son re. Fra’ ceppi
 serbo il mio grado e son Vitige ancora.
 Se forse la mia vita
 sembra un periglio a’ tuoi novelli acquisti,
1195prendila ma risparmi il sangue mio
 quello de’ miei vassalli. Egli ti basti;
 e satolli il tuo sdegno
 Vitige e senza vita e senza regno.
 BELISARIO
 Mal conosci, o Vitige, il tuo nimico.
1200Contro te non pugnai
 per odio ma per gloria; e mai non ebbi
 sete del sangue tuo. Servo e trionfo
 per la grandezza altrui, non per la mia.
 Che se fosse in mia man renderti il soglio
1205e la tua libertà, sperar potresti
 lo splendor del diadema alle tue chiome;
 e in me non troveresti,
 forse di tuo nimico, altro che il nome.
 VITIGE
 Or sì m’hai vinto, o Belisario. Or sia
1210Vitige il non minor de’ tuoi trionfi.
 BELISARIO
 Non è mai vinto un core
 che non cede al suo fato. In forte laccio
 di amicizia e di pace, ecco, ti abbraccio.
 VITIGE
 
    È bella gloria
1215trovarsi vinto
 dal tuo valor.
 
    Già la vittoria,
 quasi vassalla,
 segue i tuoi passi,
1220o d’alme e regni
 gran vincitor.