Antioco (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA XIII
 
 SELEUCO, ANTIOCO
 
 SELEUCO
 Verrà Antioco a’ miei piedi? Ei del suo fallo
 avrà tutto l’orrore?
 ANTIOCO
 (Dammi coraggio, amore). Eccoti, o sire,
795misero più che reo prostrato un figlio.
 Eccoti inante...
 SELEUCO
                              Antioco,
 poiché figlio nomarti
 a me accresce la pena, a te il rossore,
 sorgi, t’assidi e d’un re padre i sensi
800tacito ascolta e non turbarne il corso.
 ANTIOCO
 Ubbidirò. (Già di soffrire è ’l tempo).
 SELEUCO
 Grave, Antioco, è ’l tuo fallo. Io fede appena
 posso farne a me stesso
 e cerco nel mio cor la tua innocenza.
805Ti fui padre; ma questo
 forse è ’l minor de’ benefici. Amore
 fece per te più che non fe’ natura.
 Tu l’oggetto più caro
 de’ voti miei, tu solo
810eri il mio re. Godea
 che dal mio cor ne principiassi il regno
 e che fosse mia legge il tuo volere.
 Di’, che far più potea? Potea dal trono
 scender per innalzarti
815e per essere anch’io fra’ tuoi vassalli.
 Il feci, Antioco, il feci. Oggi a’ tuoi piedi
 posi scetro e corona
 e per me non serbai
 che il piacer del tuo ben. Tanto ti amai.
 ANTIOCO
820Tutto egli è ver ma...
 SELEUCO
                                        Taci,
 che non è l’amor mio
 ma la tua sconoscenza il tuo gran fallo.
 Abusarti sì ingrato
 di mia bontà? Voti nudrire in seno
825che offendon la ragione?
 ANTIOCO
                                               Ah, sire...
 SELEUCO
                                                                   Affetti
 che irritano il poter?
 ANTIOCO
                                         Volea...
 SELEUCO
                                                         Desiri
 che orror fanno a l’amore, a la clemenza?
 ANTIOCO
 (O Stratonica! O padre! O sofferenza!)
 SELEUCO
 Figlio troppo crudel, se ciò che amavi
830esser potea mio dono,
 perché farlo tua colpa e mio tormento?
 Te l’offersi innocente; e ’l ricusasti
 sol per esser spietato,
 per unirti a’ ribelli,
835per esser sanguinario e parricida.
 ANTIOCO
 Io re?...
 SELEUCO
                  Siediti e taci
 e serba le tue leggi, anima infida.
 Tu, sì, tu aspiri al trono;
 ma ’l cadavere mio ne vuoi per grado.
840Questo genio esecrabile ti unisce
 al fenice rubel. Questo a la fuga
 ti sollecita il piede e t’arma il braccio.
 ANTIOCO
 (Che ascolti, Antioco?)
 SELEUCO
                                            Questo
 ti rende avverso agl’imenei; ti toglie
845pace da l’alma, ilarità dal volto.
 E pietà mi facea, figlio tiranno,
 il parricidio tuo ch’era il tuo affanno.
 Tu taci, Antioco, ed ora
 quel reo tacer, più che rispetto, è orrore.
850Or parla, ora difendi,
 se ’l puoi, te stesso e, se nol puoi, ti accusa,
 che se un figlio innocente
 aver più non poss’io, l’avrò pentito.
 Parla, Antioco, fa’ cor; pronto è ’l perdono;
855ancora padre, ancor Seleuco io sono.
 ANTIOCO
 Stupido resto, o sire;
 che dir non so. Del tuo sospetto io sento
 più orror che del mio fallo.
 Io ribello? Io fellone? Io parricida?
 SELEUCO
860Osi negarlo ancor? Reo qui poc’anzi
 non venisti al mio piè?
 ANTIOCO
                                             Venni e reo sono;
 e reo pur mi confesso
 ma d’altro error che di sì enorme eccesso.
 SELEUCO
 D’altro? V’è nuova colpa
865in quel perfido seno?
 ANTIOCO
                                          E tal che piace,
 ancorché sia tua offesa e mio tormento.
 SELEUCO
 Ma qual?
 ANTIOCO
                     (Tacete, o labbra,
 la bella colpa, onde si pregia il core).
 SELEUCO
 Parla.
 ANTIOCO
              Perdona, o sire,
870tacer m’è forza.
 SELEUCO
                               Che?
 ANTIOCO
                                           Ne chiedi invano;
 esca l’alma del sen, non mai l’arcano.
 SELEUCO
 Odi qual parla, odi il fellone. Ah! Pensa
 che il tuo tacer ti può costar la vita.
 ANTIOCO
 Giusto è punir chi la pietà ricusa.
 SELEUCO
875Serbisi a l’ire mie. (Escono le guardie) Vanne e te stesso
 a la pena risolvi o a la discolpa.
 ANTIOCO
 Per punirmi a te basti
 che il colpevol conosci e non la colpa.
 
    Io non cerco a me difesa,
880perché in te non vo’ pietà.
 
    Il perdono de l’offesa,
 se l’ottengo, è mio gastigo,
 se lo chiedo, è mia viltà. (Parte fra le guardie)