Artaserse (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA XV
 
 LIDO e i suddetti
 
 LIDO
                             Signor, con questo foglio
 a te s’inchina Arsace,
 Arsace che di corte esule afflitto
 la grazia ognor sospira,
 non so se di Artaserse o di Agamira.
 ARTASERSE
515Insidie al viver mio? Leggete, o figli.
 IDASPE
 «T’insidia un traditor la vita e ’l regno.
 Saprai l’indegno allor che al regio piede
 si prostri e umil ne chiede i cenni Arsace».
 La vita e ’l regno? O vergognoso eccesso.
 SPIRIDATE
520Esecrabile ardir.
 CLEOMENE
                                  (Perdei me stesso).
 AGAMIRA
 (In mia vendetta è ’l ciel).
 ARTASERSE
                                                  Torna ad Arsace
 e nelle stanze mie tosto lo guida.
 LIDO
 (Questo è l’uso di corte.
 Pecca taluno e poi,
525scoprendo i falli altrui, cancella i suoi).
 ARTASERSE
 Meco venite, o prenci. (Parte)
 SPIRIDATE
 Ceda al dover l’amore. (Parte)
 IDASPE
 Perdona s’io ti lascio, amabil ciglio.
 Pria che tuo amante, io son vassallo e figlio.
 BERENICE
530Seguo l’idolo mio. (Parte)
 CLEOMENE
                                     Corro a la madre. (Veduta Agamira, con la quale si ferma ragionando)
 ASPASIA
 Ah! Sventurato petto,
 te combatte la gloria e te l’affetto.
 
    Odio il foco e tutta avvampo.
 Cori, chi dir mi sa
535se questa è crudeltà
 o pur è bizzarria.
 
    Sdegno il laccio e poi v’inciampo.
 Cori, chi dir mi sa
 se questa è cecità
540o pur è frenesia.