Pirro, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 CASSANDRO, ARIDEO, GLAUCIA e guardie
 
 CASSANDRO
 Ne’ gravi affari, ove agitar si deggia
 la salute di un regno,
 non parli ’l re solo a sé stesso; ei chieda
 il consiglio di molti; erri con tutti.
405Pirro vuol pace. Ismene e due corone,
 ottenute con pena,
 sostenute con gloria,
 ne saran forse il prezzo. Arideo, Glaucia,
 nel comune periglio
410serva d’ancora sacra un buon consiglio.
 ARIDEO
 Padre, la tua possanza
 così inferma non è che a un urto solo
 di nimico destin vacilli e cada.
 Già da’ sudditi regni
415ti son giunti soccorsi; altri ne attendi
 non lontani e temuti.
 Se rendi Ismene e due corone, il mondo
 può dir viltà, non mai ragion, l’assenso.
 Più che una dubbia guerra,
420temi una pace vergognosa. I sensi,
 figli di un cor che t’ama,
 non mi detta il mio amor ma la tua fama.
 GLAUCIA
 La tua fama, o signor, sia quella appunto
 che nel dubbio ti regga.
425Son la Media e l’Epiro
 due corone non tue; non le hai dal sangue;
 non le hai dal ferro. A te commesse entrambe
 fur, non cedute; e il ciel ten volle un tempo
 più tutor che sovrano.
430Ismene è nata libera e regina.
 Se quelle e questa assolvi
 dal tuo poter, sei regnator più augusto.
 Non fan gli scettri il vero re ma il giusto.
 ARIDEO
 Ti sovvenga che Glaucia
435parla da amico.
 GLAUCIA
                               Ed Arideo da amante.
 ARIDEO
 È sospetto il consiglio,
 cui l’amistà dia legge.
 GLAUCIA
 Ma cieco è quel che amor geloso elegge.
 CASSANDRO
 Entri ’l messaggio. Sia
440dir ciò che dee di chi ubbidisce il voto,
 far ciò che vuol di chi comanda il peso.
 Fine alle gare. Il gran consiglio è preso. (Va a sedere sul trono)