Pirro, Venezia, Pasquali, 1744

 AL LETTORE
 
    Eccovi un dramma che, fuori di alcune scene, in dieci giorni ho interamente composto. Questa è una verità ch’io non vi espongo per mia iattanza ma solo per ritrarne compatimento e perdono. Ho dovuto azzardarmi all’impresa non per speranza di applauso ma per necessità di ubbidienza. Confesso esser egli temerità il voler comparire con sì poco di pulitezza dinanzi a voi che siete solito a goder ne’ teatri ed a decidere insieme de’ componimenti di questo genere più maturi e più tersi. Il vostro giudizio doveva farmi spavento, più tosto che affidarmi la vostra bontà, da me peraltro sperimentata. Dopo questa mia confessione, giudicatemi a vostro piacimento. Riceverò la condanna come giustizia e come grazia il perdono; e siccome non dovrò di quella dolermi, avendola meritata, così di questo per me ne sentirò del rossore, per voi ne avrò della obbligazione.
    Io veramente avea dapprincipio in altra guisa questo mio dramma ideato e disposto; ma poscia mi è convenuto adattarlo, per quanto mi fu possibile, alla occasione e al teatro. Io non intendo di voler qui purgarlo da tutte le opposizioni che potranno venirgli fatte da chi meglio di me intende l’arte e la scena. Mi basta solo il render ragione di alcune cose che o in molti potrebbono lasciar della dubbietà o non da tutti verrebbono osservate come vere ed alla storia conformi.
    L’odio di Cassandro contro di Pirro vien riferito da Plutarco e da altri. L’aversi lui fatta strada al regno della Macedonia col veleno dato, secondo alcuni, per sua opera al Grande Alessandro, mi ha suggerito il motivo di averlo dato anche ad Ircano, re della Media e padre d’Ismene che quasi a perire della stessa morte è vicina.
    Il medesimo Plutarco parla di Glaucia, re dell’Illirio, non solamente come amico di Pirro ma come primo stromento del riacquisto che dell’Epiro egli fece. Io gli ho conservato il primo carattere dell’amicizia e per sentiere diverso l’ho fatto allo stesso fine arrivare.
    Nella persona di Demetrio, ambasciatore di Pirro, che in di lui nome doveva chiedere Ismene ma poi, sedotto da Arideo con motivi di gratitudine e di minacce, richiede Ellenia a Cassandro e chi non vede quella di Teocle, ambasciatore di Giuba, re della Mauritania, che mandato in Roma dal suo principe per richieder le nozze di Cleopatra, indotto dall’arti di Tiberio, dimanda Giulia all’imperadore Ottaviano? Consimili esempi anche la storia sovente ci somministra. Taccio Palamede, corrotto da Priamo presso de’ Greci e Marco Scauro da Giugurta presso i Romani. Vengono da Sparta inviati ambasciadori in Atene affine di stabilire con quella repubblica una durevol pace; ed Alcibiade opera in tal maniera che col loro ragionamento movono il popolo ateniese ad intimare agli Spartani la guerra. Nella storia di Danimarca, Amleto, spedito dal re della Bretagna perché gli procuri le nozze con Ermetruda, regina di Scozia, le procura e le ottien per sé stesso.
    Nella prima scena introduco Pirro a render grazie al Sole per la conseguita vittoria. Quella deità non solamente fu riverita da’ Persiani ma da tutti gli Asiatici generalmente. I Greci non cedettero a chi che sia nella superstiziosa venerazione di essa; e nella Vita del Grande Alessandro se ne legge un notabile esempio. Lo chiamavano essi anima e mente del mondo; ed io ho procurato di adattare a’ loro sentimenti la poetica favolosa espressione.