Aminta, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 DIONISIO, incatenato fra guardie, e i suddetti
 
 DIONISIO
960(Celia è quella od Elisa? Al primo inganno
 voi tornate, o miei lumi). (Veduta Celia, si ferma)
 CELIA
 Silvio, non son qual pensi,
 ninfa vil, donna abietta;
 l’amarti in tal destino
965è comune a più cori. Io di un affetto,
 che più ti illustra, avvampo.
 SILVIO
 Attonito ti ascolto.
 DIONISIO
                                    (A tempo io giunsi).
 CELIA
 Nacqui di real ceppo. A questi lidi
 destin mi trasse e mi rattenne amore,
970amor che in sen mi nacque,
 figlio del tuo bel volto.
 Caro Silvio, mio ben, per te mi scordo
 genitor, patria, regno,
 il mio grado e me stessa!
 DIONISIO
                                                (Indegna Elisa!)
 CELIA
975Più non sono qual fui
 né mi ravviso più. Ma non è questo
 il più fier de’ miei mali.
 L’amarti è gioia, è sorte;
 non poter dir qual t’amo è pena, è morte.
 SILVIO
980Celia è che parla?
 CELIA
                                   Io sono
 che parlo a te con l’altrui labbra. Udisti
 prova di amor più rara? O più ne brami?
 SILVIO
 Celia, od io non t’intendo o tu non m’ami.
 CELIA
 
    T’amo, sì, son tutta amor;
985ma sei tu che non intendi
 il linguaggio del mio cor.
 
    Ho piacer che nol comprendi,
 perché in te veggio più fede
 e in me sento men rossor. (In atto di partire, Celia è arrestata da Dionisio che si avanza)
 
 DIONISIO
990Fermati. Io ben t’intendo.
 CELIA
 (Misera me!)
 SILVIO
                            (Che fia!)
 DIONISIO
 Femmina vile, ingiuria,
 disonor del tuo sesso e del mio sangue,
 invan mi fuggi; invano
995lo sguardo abbassi e di rossor ti copri.
 Questa volta il mentir nome bugiardo,
 finger stupido ciglio,
 negarmi ’l grado e simular qual sei
 non gioveratti. Io ben t’intendo.
 CELIA
                                                            O dei!
 DIONISIO
1000Tal ti ritrovo? O miei
 mal perduti disegni!
 Mal gittati sospiri!
 Così posta in non cale
 l’onestà di fanciulla,
1005la sorte tua, l’amor paterno, il nostro,
 noi, te stessa tradisci?
 Tanto ti accieca amore?
 E di tanto trionfa un vil pastore?
 CELIA
 (O vergogna!)
 SILVIO
                             (Infedele!)
 DIONISIO
1010Vedi, mal nata, vedi,
 per te misero io sono; e son tua colpa
 i mali che ho sofferti,
 i ceppi ch’or sostengo e che con ira
 scuote la man, cui dal lor peso è tolta (Scuote la catena)
1015la vendetta che spera,
 quanto tarda in punir tanto più fiera.
 
    La tua fiamma e l’ira mia
 col tuo sangue ammorzerò.
 
    Di supplizio, che sia degno
1020del tuo fallo e del mio sdegno,
 alma vil, ti punirò.