Aminta, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 SILVIO e poi CELIA
 
 SILVIO
 Misero Silvio! Ecco disperde il vento
 i tuoi dolci contenti,
 le tue belle speranze un sol momento...
 CELIA
 
    Vengo a voi, luci adorate, (Silvio piange senza guardarla)
530astri bei della mia vita,
 vengo a voi...
 
 Silvio, di un guardo solo
 meco ritroso?
 SILVIO
                            O duolo!
 CELIA
 Tu mel neghi e non parli?
535Non son io la tua Celia?
 Così mi accogli?
 SILVIO
                                 O dio!
 
    Vezzosette nel vostro pianto,
 serenatevi, o pupillette,
 e cessate di pianger tanto.
 
540Lascia, lascia che pianga
 il tuo, deh non più tuo, Silvio infelice.
 CELIA
 Come?
 SILVIO
                 Ma i numi attesto
 che non piango la tua, piango la mia
 felicità perduta. E pur dovrei,
545col piacer del tuo bene,
 consolar, ma non posso, i mali miei.
 CELIA
 Che linguaggio è mai questo!
 Qual perdita è la tua? Qual bene è il mio?
 Parla. Che sai?
 SILVIO
                              Deggio pur dirlo... Adrasto...
 CELIA
550Segui.
 SILVIO
               Ed il nunzio istesso
 sarò della mia morte?
 O Celia! O amore! O sorte!
 CELIA
 Deh, se m’ami e se caro
 ti è l’amor mio, di’, parla;
555non tormentarmi più.
 SILVIO
                                           (Tregua, o sospiri).
 Celia, più mia non sei.
 CELIA
 Io non più tua? Chi mi t’invola? Adunque
 vi è poter, vi è destino
 del nostro amor più forte?
560Io non più tua? Qual nume
 la nostra pace ad invidiar si è mosso?
 Io non più tua? Dimmi, perché?
 SILVIO
                                                             Non posso.
 
    Non posso, o bocca bella,
 non posso dir di più.
 
565   E come aver poss’io
 respir che più sia mio,
 se perdo in te quel cor
 che mio già fu?