Aminta, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XVI
 
 EURIDICE e AMINTA
 
 EURIDICE
 Cessate alfin, cessate...
 AMINTA, EURIDICE A DUE
                                            (Oimè, che veggio!)
 AMINTA
 (Quella è la mia Euridice).
 EURIDICE
 (Quegli mi sembra Aminta)
 AMINTA
365(Che farò?)
 EURIDICE
                         (Non m’inganno).
 AMINTA
                                                            (Ardisci, o core).
 EURIDICE
 Che fa l’empio? Che pensa?
 AMINTA
 Pensa morirti a’ piedi.
 EURIDICE
                                            Ah traditore!
 Sei tu Aminta o m’inganno?
 Devo credere agli occhi?
370Devo dar fede al cor? Parla, rispondi.
 AMINTA
 No, mia giusta regina,
 no che Aminta non sono. Ei fu altre volte
 il tuo fido, il tuo sposo. Ei fece un tempo
 le tue delizie e tu le sue facesti.
375Io, misero, qual sono?
 Sono un crudele, un sanguinario, un empio,
 orror de’ tuoi pensieri,
 scopo dell’ire tue. Son quegli, o dio!...
 EURIDICE
 Non più, iniquo, non più, troppo rammento
380gli oltraggi tuoi. Ben ti ravvisa il core
 e sento che mi parla
 e conosco che parlo a un traditore.
 Ma tu ancora comprendi
 qual io mi sia? Vedi a chi parli? Io sono,
385se nol sai forse, io sono
 quella stessa Euridice...
 AMINTA
                                              Ahi!
 EURIDICE
                                                         Tu sospiri?
 Di che? Rammenti forse
 quanto ti amai? Quanto serbai pudica
 del giogo marital le caste leggi?
390O più tosto rammenti
 che in guiderdon della mia fede, ingrato,
 che in premio del mio amor le leggi hai poste
 di giudice e consorte
 tutte in obblio per condannarmi a morte?
 AMINTA
395Mia regina, ingannato
 dal perfido Euristeo,
 che far dovea? Che far potea? Chi mai
 temuta avria perfidia
 in un germano accusator? Chi mai...
 EURIDICE
400Dovea crederlo ogni altro
 ma non Aminta. Ei qual ragione avea
 di sospettare in me colpa sì enorme?
 Che non pensar qual vissi? E la mia vita
 ti servia di discolpa. Anche i delitti
405hanno il lor grado; e in un sol giorno istesso
 non si passa giammai
 da una grande innocenza a un grand’eccesso.
 AMINTA
 Errai, nol nego, errai;
 ma l’error fu innocente; ei conceputo
410fu dal timor, non dal voler...
 EURIDICE
                                                     E dove
 apprendesti, spietato,
 a condannar senza difesa? Forse
 le discolpe attendesti?
 Maturasti le accuse? Era inonesta?
415Quando? Con chi? Qual fu la prova? Un solo,
 un lieve indizio e ti perdono. Iniqua
 fu l’ingiusta sentenza,
 soscritta dal tuo cor; l’esserti moglie
 era tutto il mio fallo. Ah, se volevi
420di un eterno imeneo scior le ritorte,
 dovea bastarti almeno,
 senza svenarmi ’l figlio,
 senza tormi l’onor, darmi la morte.
 AMINTA
 Regina, io sono il reo, tu sei l’offesa.
425Del mio fallo non vengo
 a chiederti ’l perdon ma la vendetta.
 Hai la vittima e il ferro. (Le presenta il dardo)
 Non per altro viss’io
 che per cader dalla tua man ferito,
430che per morirti a’ piedi, (S’inginocchia)
 colpevole e pentito.
 Su, che fai? Che più badi? Il colpo attendo.
 EURIDICE
 Vuoi morte? E a me la chiedi? (Tace alquanto)
 Pensi che in crudeltà possa imitarti?
435Odio, Aminta, il tuo fallo,
 non la tua vita. Vivi,
 vivi pure, infedel, ma il tuo delitto (Aminta si leva)
 si asconda agli occhi miei. Vanne sì lunge
 che di te non mi resti altro che il nome
440ed il solo dolor di averti amato.
 Se ancor m’ami, prescrivi
 leggi al tuo duol; sia questa
 la mia vendetta e la tua pena. Vivi.
 
    Vivi ma non ardir
445di rivedermi più, sposa tradita.
 
    Soffri del tuo fallir
 la pena più crudel nella tua vita.