Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA II
 
 DIONISIO incatenato fra guardie, detti
 
 DIONISIO
1195(Celia è quella od Elisa? Al primo inganno
 voi tornate, o miei lumi). (Veduta Celia si ferma)
 CELIA
 Silvio, non son qual pensi
 ninfa vil, donna abietta;
 l’amarti in tal destino
1200è comune a più cori. Io d’un affetto,
 che più t’illustra, avvampo.
 SILVIO
 Attonito t’ascolto.
 DIONISIO
                                   (A tempo io giunsi).
 CELIA
 Nacqui di real ceppo. A questi lidi
 destin mi trasse e mi rattenne amore,
1205amor che in sen mi nacque,
 figlio del tuo bel volto.
 Caro Silvio, mio ben, per te mi scordo
 genitor, patria, regno,
 il mio grado e me stessa.
 DIONISIO
                                                (Indegna Elisa!)
 CELIA
1210Più non sono qual fui
 né mi ravviso più. Ma non è questo
 il più fier de’ miei mali.
 L’amarti è gioia, è sorte;
 non poter dir qual t’amo è pena, è morte.
 SILVIO
1215Celia è che parla?
 CELIA
                                   Io sono
 che parlo a te con l’altrui labra. Udisti
 prova di amor più rara? O più ne brami?
 SILVIO
 Celia, od io non t’intendo o tu non m’ami.
 CELIA
 
    T’amo sì, son tutta amor;
1220ma sei tu che non intendi
 il linguaggio del mio cor.
 
    Ho piacer che nol comprendi,
 perché in te veggio più fede
 e in me sento men rossor. (In atto di partire, Celia è arrestata da Dionisio che si avanza)
 
 DIONISIO
1225Fermati; io ben t’intendo.
 CELIA
 (Misera me).
 SILVIO
                            (Che fia?)
 DIONISIO
 Femmina vile, ingiuria,
 disonor del tuo sesso e del mio sangue,
 invan mi fuggi, invano
1230lo sguardo abbassi e di rossor ti copri.
 Questa volta il mentir nome bugiardo,
 finger stupido ciglio,
 negarmi il grado e simular qual sei
 non gioveratti. Io ben t’intendo.
 CELIA
                                                            O dei!
 DIONISIO
1235Tal ti ritrovo? O miei
 mal perduti disegni!
 Mal gittati sospiri!
 Così posta in non cale
 l’onestà di fanciulla,
1240la sorte tua, l’amor paterno, il nostro,
 noi, te stessa tradisci?
 Tanto ti accieca amore?
 E di tanto trionfa un vil pastore?
 CELIA
 (O vergogna!)
 SILVIO
                             (Infedele!)
 DIONISIO
1245Vedi, mal nata, vedi;
 per te misero io sono; e son tua colpa
 i mali che ho sofferti,
 i ceppi ch’or sostengo e che con ira
 scuote la man, cui dal lor peso è tolta (Scuote la catena)
1250la vendetta che spera,
 quanto tarda in punir tanto più fiera.
 
    La tua fiamma e l’ira mia
 col tuo sangue ammorzerò.
 
    Di supplizio, che sia degno
1255del tuo fallo e del mio sdegno,
 alma vil, ti punirò.