Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA XIX
 
 EURIDICE, poi CELIA ed ELPINO
 
 EURIDICE
 Fermati, Aminta, ascolta,
965empia non son né sono ingrata... E dove,
 dove corri, Euridice?
 Senti che al cor ti parla
 il trafitto tuo figlio,
 sparso Aminta ha quel sangue. Egli lo ha sparso;
970benché innocente è tuo.
 Lungi pur da quest’occhi anche pentito,
 sempre ingiusto marito,
 sempre barbaro padre.
 Di tal tuo pentimento
975soddisfatta è la moglie e non la madre.
 CELIA
 Poiché han fine i tuoi mali, han pace ancora,
 regina, i nostri affanni.
 ELPINO
                                             E noi pur anco
 siamo teco a goder di tua salvezza.
 EURIDICE
 Celia, Elpino, ancor dura
980l’orgoglio del mio fato;
 benché deggia ad Aminta
 la libertà, più non vedrò l’ingrato.
 CELIA
 Dopo un tal benefizio
 hai sdegno ancora?
 ELPINO
                                      Abbi pietà di lui,
985abbila di te stessa.
 CELIA
                                     Empio marito
 lascia d’esser più reo quando è pentito.
 EURIDICE
 No no, duri il suo esiglio,
 duri il mio duolo. Aminta
 l’onor mi rende e non mi rende il figlio.
 ELPINO
990Se la tua rabbia viene
 dal tuo figliuolo che ti fu ammazzato,
 sta’ pur cheta, Euridice,
 e vien dietro ad Aminta;
 credi pur ad Elpin, tu se’ felice.
 EURIDICE
995Di quale speme il mio dolor lusinghi?
 ELPINO
 Udrai per via ciò che, saputo inanti,
 risparmiati t’avria sospiri e pianti.
 EURIDICE
 Numi, finite un giorno
 le angosce mie.