Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA III
 
 SILVIO e poi CELIA
 
 SILVIO
 Misero Silvio! Ecco disperde il vento
680i tuoi dolci contenti,
 le tue belle speranze un sol momento...
 CELIA
 
    Vengo a voi, luci adorate, (Silvio piange senza guardarla)
 astri bei della mia vita,
 vengo a voi...
 
685Silvio di un guardo solo
 meco ritroso?
 SILVIO
                            O duolo!
 CELIA
 Tu mel nieghi e non parli?
 Non son io la tua Celia?
 Così mi accogli?
 SILVIO
                                 O dio!
 
690   Vezzosette nel vostro pianto
 serenatevi, o pupillette,
 e cessate di pianger tanto.
 
 Lascia, lascia che pianga
 il tuo, deh non più tuo, Silvio infelice.
 CELIA
695Come?
 SILVIO
                 Ma i numi attesto
 che non piango la tua, piango la mia
 felicità perduta. E pur dovrei
 col piacer del tuo bene
 consolar, ma non posso, i mali miei.
 CELIA
700Che linguaggio è mai questo?
 Qual perdita è la tua? Qual bene è ’l mio?
 Parla. Che sai?
 SILVIO
                              Deggio pur dirlo... Adrasto...
 CELIA
 Siegui.
 SILVIO
                 E il nuncio istesso
 sarò della mia morte?
705O Celia! O amore! O sorte!
 CELIA
 Deh, se m’ami e se caro
 t’è l’amor mio, di’, parla;
 non tormentarmi più.
 SILVIO
                                           (Tregua, o sospiri).
 Celia, più mia non sei.
 CELIA
710Io non più tua? Chi mi t’invola? Adunque
 v’è poter, v’è destino
 del nostro amor più forte?
 Io non più tua? Qual nume
 la nostra pace a invidiar si è mosso?
715Io non più tua? Dimmi, perché?
 SILVIO
                                                             Non posso.
 
    Non posso, o bocca bella,
 non posso dir di più;
 
    e come aver poss’io
 respir che più sia mio,
720se perdo in te quel cor
 che mio già fu?