Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA XIV
 
 DIONISIO e CELIA
 
 DIONISIO
                                     (Il volto
 quello è d’Elisa).
 CELIA
                                  (Ahimè! Ravviso in lui
 il mio real germano).
 DIONISIO
                                          (È dessa, il guardo,
 il portamento, il moto agli occhi miei
385la confermano Elisa).
 CELIA
 (Misera me, s’ei mi conobbe! È meglio
 ch’io m’allontani).
 DIONISIO
                                    O cara, o da me tanto
 sospirata germana.
 CELIA
 Che? (Che farò?)
 DIONISIO
                                   Perché mi fuggi, Elisa?
390Dionisio son io,
 non mi ravvisi? O pur t’infingi?
 CELIA
                                                             (Come!
 Fingerò non capirlo).
 Che mi chiedi? Chi sei?
 DIONISIO
                                               (Stessa è la voce.
 Non m’ingannai). Quanti perigli e quanti
395mi costò la tua perdita! Più regni
 e più mari tentai per rinvenirti,
 dietro gli empi ladroni;
 sfidai rischi e naufragi.
 M’è tolto in Siracusa
400tornar senza di te; quanto giulivo
 sarà nel rivederti il vecchio padre
 che ancor bagna di pianti il crespo volto!
 CELIA
 Men t’intendo o  ravviso,
 signor, più che ti miro o che t’ascolto.
 DIONISIO
405Che! Tu Elisa non sei? Di Siracusa
 tu principessa?...
 CELIA
                                  Io Celia son, di Tempe
 vile e povera ninfa;
 e la breve capanna è ’l regno mio.
 DIONISIO
 (Occhi, voi mi tradite).
 CELIA
410(Per te finger m’è forza, o cieco dio).
 DIONISIO
 Ma s’Elisa ella fosse,
 a che mentirne il grado?
 Come qui in Tempe e in libertà, se preda
 fu d’ingordi pirati?
415Perché in rustiche lane?
 CELIA
 Addio, signor.
 DIONISIO
                             Con tanta fretta, o ninfa...
 CELIA
 Senza il noto custode errar dispersa
 troppo lasciai la fida greggia e forse
 sgridar me ne potria l’austero padre.
 DIONISIO
420Hai padre ancor?
 CELIA
                                   Cui bianco
 i lunghi e molti verni han reso il crine.
 DIONISIO
 Va’, s’Elisa non sei.
 CELIA
 Celia son, non Elisa.
 DIONISIO
 Ma ch’Elisa tu fossi io giurerei.
 CELIA
 
425   Non son qual pensi;
 e ’l guardo bugiardo
 ti gode schernir.
 
    Se ’l core che brama
 fa lega co’ sensi,
430con facile frode
 si lascia tradir.