Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA VI
 
 CELIA e ADRASTO
 
 ADRASTO
 Celia, tu cui son noti
 del regio cor tutti gli arcani, ancora
 s’è placata Euridice? Ancora Aminta
 può sperare il perdon?
 CELIA
                                            Credimi, Adrasto,
155non è sì leve impresa
 placar donna irritata e amante offesa.
 Ancor nel dubbio core
 della mesta regina
 succedono a vicenda odio ed amore.
 ADRASTO
160E l’infelice Adrasto
 può sperar che tu l’ami
 dopo tanto rigor?
 CELIA
                                   Non lusingarti;
 già ’l mio cambiai col cor di Silvio, ond’io
 vivo sol col suo core ed ei col mio.
 ADRASTO
165E per Silvio mi sprezzi? In che gli cedo?
 In che non vinco? Al corso
 meco si provi e al canto. Avrò di lui
 più snello il piede e più gentil la voce.
 Egli vil di natali e di fortune
170guarda greggi non sue...
 CELIA
                                              Sentimi, Adrasto.
 Per lunga serie d’avi
 tu non hai chi t’agguagli.
 A te sudan più aratri,
 a te pascon più armenti; e illustre sei
175per virtù, per natali e per fortuna;
 ma Silvio è più vezzoso agli occhi miei.
 
    Nel mio Silvio il core amante
 spera e trova il suo gran bene.