Venceslao, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VII
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
1110Oggi morrai! Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai! Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
1115ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi sei più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 Carnefice ei vuol torti
1120la vita che ti diede e romper tutti
 gli ordini di giustizia e di natura.
 Né ti risenti? E soffri
 attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
1125che far, che dir poss’io? Veggo i miei mali
 e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
1130a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardir, ho meco
1135amor, sangue, ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empierò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
1140   E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, morirò.
 
 CASIMIRO
 Disperati consigli amor ti detta.
 Che tu li segua è vano
 per me, per te funesto.
1145Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi ti uccide.
1150Neghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è il sol nome
 che più mi è caro. Io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante;
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
1155Va’ pur; ti è cara, il veggo,
 la morte tua. Vanne, l’incontra, all’empio
 carnefice fa’ core e il colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò. Mi avrai ben tosto
 tua compagna alla tomba.
1160Spirerò sul tuo capo,
 caderò sul tuo busto
 dal ferro uccisa e dal dolor. Tu piangi?
 Ti sbigottisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Crudel pietade! Priva
1165mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chieggo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
1170Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto. Non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
1175Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
 Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.