I rivali generosi, Venezia, Nicolini, 1697

 SCENA XIII
 
 Salone Imperiale.
 
 BELISARIO e VITIGE, seguito di soldati e di schiavi
 
 BELISARIO
 Sia destino o virtù, Vitige, ho vinto.
 VITIGE
 Son vinto, è ver. La sorte
 co’ tuoi trionfi approva
 non la parte miglior ma la più forte .
1190Ma benché vinto, ancor son re. Fra’ ceppi
 serbo il mio grado e son Vitige ancora.
 Se forse la mia vita
 sembra un periglio a’ tuoi novelli acquisti,
 prendila ma risparmi il sangue mio
1195quello de’ miei vassalli. Egli ti basti;
 e satolli il tuo sdegno
 Vitige e senza vita e senza regno.
 BELISARIO
 Mal conosci, o Vitige, il tuo nemico.
 Contro te non pugnai
1200per odio ma per gloria; e mai non ebbi
 sete del sangue tuo. Servo e trionfo
 per la grandezza altrui, non per la mia.
 Che se fosse in mia man renderti il soglio
 e la tua libertà, sperar potresti
1205lo splendor del diadema a le tue chiome;
 e in me non troveresti
 forse di tuo nemico altro che il nome.
 VITIGE
 Or sì m’hai vinto, o Belisario. Or sia
 Vitige il non minor de’ tuoi trionfi.
 BELISARIO
1210Non è mai vinto un cuore
 che non cede al suo fato. In forte laccio
 d’amicizia e di pace ecco t’abbraccio.
 VITIGE
 
    Che bella gloria
 è l’esser vinto
1215dal tuo valor!
 
    Già la vittoria,
 quasi vassalla,
 segue i tuoi passi,
 o d’alme e regni
1220gran vincitor.