Venceslao, Cracovia, Matyaszkiewicz, 1725

 SCENA V
 
 CASIMIRO, poi GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Mie deluse speranze,
500non andrete impunite
 di un tal rifiuto.
 GISMONDO
                                In traccia appunto, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrecchi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
 indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
505L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
510Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Ne la ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
 da Ismene, a me germana e di Erenice
515la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo, sì, di vendicarsi. Iniqua!
 Ingratissima donna!
 Ma nel rival superbo
520ti punirò. Troppo forzai lo sdegno
 e l’amor rispettai; morrà l’indegno.
 GISMONDO
 No, mio signor...
 CASIMIRO
                                 Gismondo,
 parto col mio furor; tu taci il tutto.
 GISMONDO
 (Straggi preveggo e lutto).
 CASIMIRO
 
525   D’ire armato il braccio forte
 piaghe e morte
 implacabile vibrerà.
 
    Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
530di cader la gloria avrà.