Venceslao, Praga, Wickhatt, 1725

 SCENA II
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai! Spietato
 giudice, iniquo re! Ma tu che fai,
820che non ti scuoti? Udisti
 d’un tiranno il comando e soffri? E taci?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far, che dir poss’io? Misera sposa!
 Ti compiango. Sei giunta
825a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Guerrieri ho meco, ho meco ardire
 per eccitar ne’ popoli lo sdegno,
 per suscitar ira e furor nel regno.
 
830   E se teco io non vivrò,
 teco, o sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 che esser può mio delito e tuo periglio.
 Il re è mio padre; io son vassalo e figlio.
 LUCINDA
835Vassalo e figlio? Dunque
 al comando crudel va’, piega il collo
 alla scure fatal; ma sappi ch’io
 caderò estinta pur del braccio mio.
 Tu impalidisci? Il mio morir tu temi
840né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di cor; e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chiedo morendo. Addio, mia sposa,
 tolerar più non posso
845la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
 se più ti miro, o mia diletta, a morte.
 
    Sposa diletta, io parto,
 non so se più se rivedremo. Addio.
 
    Non so se quest’amplesso
850sia l’ultimo per me,
 almen ti prego addesso
 in pegno di mia fé
 conservami quel cor che pure è mio.