Venceslao, Praga, Wickhatt, 1725

 SCENA XII
 
 VENCESLAO ed ERNANDO, poi LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
690Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
 Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare un figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
695Il sangue del frattel vuol il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro.
 LUCINDA
                                   (Oh dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
700(Lungi, o teneri affetti).
 Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
705con l’amor mio dalle tue leggi esento.
 È re di Lituania e come tale
 non dee ad altro regnante esser soggetto.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
 Casimiro non re, suddito egli era.
710Tal lo condanno.
 LUCINDA
                                 (Ah misera Lucinda!
 Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive).
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi? È questa, o sire,
 di regnante la fede?
 VENCESLAO
715(Della real promessa
 or mi sovien; ch’ella si adempia è giusto).
 Ma la giustizia offesa?... E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora.
 LUCINDA, ERNANDO
                                              Oh dei! Che pensa?
 VENCESLAO
 Ma s’ei muore, Lucinda
720vivrà disonorata
 per mia cagion. Ernando, la regina
 tu guida al prence e fa’ che sciolto resti
 dalle catene; io stesso
 dell’imeneo verrò pronubo a voi.
 LUCINDA
725Grazie, o signor; qual tu pietoso sei,
 ei meco ’l sia.
 VENCESLAO
                            Eh! Non temer, reina,
 sarai sua sposa e serberò la fede. (Parte)
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 
    Sento brillarmi in sen
730un raggio di seren
 che lieto scherza.
 
    Nel mio fiero dolor
 men rigido il timor
 l’alma mi sferza.
 
 Fine dell’atto secondo