Venceslao, Vienna, van Ghelen, 1725

 SCENA VII
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
1110Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
1115ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 Carnefice e’ vuol torti
1120la vita che ti diede e romper tutti
 gli ordini di giustizia e di natura.
 Né ti risenti? E soffri
 attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
1125che far? Che dir poss’io? Veggo i miei mali
 e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
1130a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri; ho meco ardire; ho meco
1135amor, sangue, ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empierò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia;
 tratterò ferro e foco;
 
1140   e se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Disperati consigli amor ti detta.
 Che tu li segua è vano
 per me, per te funesto.
1145Un soccorso rifiuto
 che esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre; io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi ti uccide.
1150Nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro. Io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante;
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
1155Va’ pur; ti è cara, il veggo,
 la morte tua. Vanne; l’incontra; a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò. Mi avrai ben tosto
 tua compagna a la tomba.
1160Spirerò sul tuo capo,
 caderò sul tuo busto
 dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi?
 Ti sbigottisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Crudel pietade! Priva
1165mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chieggo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
1170Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto. Non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
1175Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
 Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.