Venceslao, Parma, Rosati, 1724 (Il Venceslao)
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Copia
SCENA VII
Galleria con tavolino.
GISMONDO, poi VENCESLAO
GISMONDO
La notte avanza e ’l prence
non viene ancora. Ei solo
col suo furor rimase,
torbido, minaccioso
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e rivale e geloso.
VENCESLAO
Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
GISMONDO
Io qui l’attendo.
VENCESLAO
O dio! L’alma presaga
m’è di sventure e per Ernando i’ temo.
GISMONDO
(Ancor non vien).
VENCESLAO
Gismondo,
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chiamisi tosto il duce Ernando.
GISMONDO
Al cenno
affretto il piè veloce.
(Tem’anch’io l’ire d’un amor feroce).